
Partire da zero a fare il falegname a Firenze e poi gestire per quarant’anni un laboratorio di restauro in via Frascati. Un mese fa, il 17 giugno, se ne andava Tito Marri, nato a Poppi nel 1948 e pratese d’adozione dall’età di 14 anni. I figli Carlo, Francesco e Martina hanno voluto ricordarlo soprattutto a seguito dell’ondata di stima e affetto ricevuta in quei giorni dai clienti e dagli amici perché la bottega di restauro era ed è un punto di riferimento nel cuore di Prato. "Molti clienti – dicono i figli - rimanevano affascinati da come sapeva spiegare la storia di un oggetto, di un mobile o un dipinto: sapeva travolgere e immedesimarsi nell’epoca, raccontando anche piccoli aneddoti di quel periodo. Parlava fino a tardi non preoccupandosi dell’orario per tornare a casa: quello che importava di più era soddisfare la curiosità delle persone. A Prato riuscì a farsi tanti clienti, appassionati di antiquariato che alla fine sono diventati amici". Tito Marri, sposato con Antonia dal 1972, col tempo ha raggiunto la capacità di riconoscere i mobili antichi originali e distinguere i vari precedenti restauri e tante persone si sono fatte consigliare da lui. Era abile negli intagli e nel restauro di mobili lastronati in noce, in palissandro, in ciliegio e acero. "Una volta – racconta la figlia Martina - un cliente gli portò una specchiera in legno dorato Luigi XV in mille pezzi, ma papà non si perse d’animo: fece un ottimo lavoro riuscendo a ricostruirla e rifare le parti mancanti degli intagli e poi gesso e foglia oro. Un’altra volta, invece, un cliente arrivò con sei sedie già restaurate quattro o cinque volte da altri e che continuavano a scollarsi. Dopo il suo restauro non si sono più rotte, sono ancora in ottime condizioni e usate tutti i giorni".
Marri ha fatto anche il restauro di una ‘Buonagrazia’ per il Duomo e nel 2017 con i figli ha collaborato con l’azienda Ceccotti Collezioni di Cascina (Gruppo Poltrona Frau) per lucidare con tampone e gommalacca diversi prodotti della loro linea. Ha lasciato la bottega in mano a Carlo e Francesco, contento che fossero loro a continuare la sua opera. "Tutti quelli che ci hanno contattato – concludono i figli - hanno detto che Tito era una persona onesta e scrupolosa nel suo lavoro, molti lo hanno chiamato ‘maestro’. Ringraziamo tutti con il cuore".
M. Serena Quercioli