
Un territorio più fragile: è uno degli. effetti dell’alluvione del novembre 2023. Morelli: «Deve ritrovare il suo equilibrio»
Nei giorni dell’alluvione del novembre 2023 e per parecchi mesi successivi ha messo ai raggi x il territorio. Il geologo Marco Morelli, assieme ai colleghi dell’Istituto Geofisico Toscano (ramo della Fondazione ParSeC, partecipata del Comune di Prato), non ha paura a dire oggi che "stiamo ancora scontando gli effetti di quell’alluvione. La fragilità del territorio che non riesce ad ‘assorbire’ è uno di questi".
Ieri un’altra giornata di apprension. Con l’allerta passata da arancione a rossa. Proprio l’altro giorno il direttore del Centro Lamma nell’evento della protezione civile diceva che per questo tipo di temporali autorigeneranti è difficile fare previsioni accurate.
"Sono eventi legati alle correnti atmosferiche, ma anche al fatto che il mare resta sempre molto caldo rispetto a quello che dovrebbe essere. E se ci facciamo caso sono eventi che danno origine a una linea temporalesca trasversale all’Appennino. Le previsioni sono sempre più accurate, ma il problema è dire quanto pioverà e indovinarlo al chilometro. A Prato ha piovuto in modo copioso, a Sesto ha fatto un disastro".
Questa volta il maltempo ha risparmiato la Valbisenzio...
"Sì non è stata tanto toccata, ma l’acqua caduta sulla montagna, infiltrata, spinge verso l’esterno da dentro i versanti: non è da escludere purtroppo che si inneschino fenomeni franosi nei prossimi giorni".
Dovremmo abituarci a convivere con un territorio sempre più fragile a ogni ondata di maltempo?
"Esatto, dobbiamo ragionare su scala geologica e siamo ancora in un periodo di post alluvione. Il territorio non riesce più a reggere l’acqua quando è copiosa. Dobbiamo conviverci fino a quando il territorio non ritroverà il suo equilibrio. Anche perché, per quanto permettevano fondi e burocrazia, gli enti hanno fatto di tutto per risistemare gli argini. Inoltre, l’8 settembre aveva già riportato indietro la situazione...".
La trasformazione del territorio, con un’antropizzazione esagerata, e il cambiamento climatico sono binomio fatale.
"Guardiamoci attorno: c’è un mare di case in mezzo ai fiumi. Ma ormai non è pensabile di tornare indietro. Prendiamo l’Ombrone: è uscito dagli argini presso Comeana ma lì non ha fatto danni importanti perché non ci sono case. Ovviamente resta sorvegliato speciale. Vanno considerate anche le nostre strade e le ferrovie che, essendo trasversali a tutti i corsi d’acqua, di fatto sono dighe che sbarrano i fiumi e li obbligano a passare da tubature, condotte, sottoattraversamenti. I torrenti sono costretti a un itinerario innaturale. Quanto al cambiamento climatico, gli studi dicono che fino al 1996-98 i temporali autorigeneranti non c’erano o erano molto rari. Possiamo parlare di effetti di cambiamento climatico proprio sul tipo di perturbazione".
Maristella Carbonin