MARILENA CHITI
Cronaca

Il tragico Marzo 1944: "Educare alla Memoria. Il dialogo con i giovani"

Il Museo della Deportazione di Figline ogni anno, da gennaio a maggio, accoglie circa 7mila studenti. Iozzelli è responsabile dell’attività didattica "Abbiamo prodotto anche due podcast, uno risulta tra i migliori d’Italia".

Un’immagine simbolo dell’orrore dei campi di concentramento

Un’immagine simbolo dell’orrore dei campi di concentramento

Educare alla memoria le giovani generazioni. E’ l’impegno del Museo e Centro di documentazione della Deportazione e Resistenza di Figline che da gennaio a maggio, accoglie circa 7000 studenti ogni anno. Dalle aule delle classi di terza media e da quelle degli istituti superiori di Prato, Firenze e Pistoia, ma anche da fuori dei confini toscani e dalle università straniere, l’australiana Monash University Prato Centre e l’americana New Haven Tuscany. Enrico Iozzelli, laurea in storia e numerose pubblicazioni su Resistenza e Deportazione, è il responsabile dell’attività didattica del Museo.

Iozzelli, i giovani come ascoltano le vicende legate alle persecuzioni e alle deportazioni che hanno ferito il nostro territorio? "Quando arrivano da noi le studentesse e gli studenti hanno già affrontato in classe con gli insegnanti argomenti come il fascismo, la Resistenza, ma l’essere dentro il Museo con una visita guidata, assistere alla proiezione di documentari, li fa immergere dentro la storia, li sprona a riflettere".

Ora che gli ultimi superstiti delle deportazioni sono morti e non possono essere testimoni diretti, le visite sono condotte esclusivamente da esperti. L’emozione si fa sempre sentire? "Quando le scolaresche entrano al Museo, le voci dei ragazzi si abbassano. Comprendono che questo è un luogo da rispettare. Rivolgono domande. Sono catturati dalla potenza del racconto, si commuovono".

Svolgete anche attività che vi portano tra i banchi di scuola? "Programmiamo interventi nelle classi su richiesta delle scuole. Gli insegnanti hanno con noi un rapporto di fiducia. Sanno che il nostro racconto attinge alle fonti storiche. Con alcune scuole è nato un rapporto durevole nel tempo. Studenti e insegnanti sono accolti anche a convegni, conferenze, presentazioni di film e libri, spettacoli teatrali e musicali, mostre".

E poi ci sono i Podcast prodotti dal Museo, curati da lei con la regia di Lorenzo Tempestini. "Sono due: "Ribelli: la Resistenza, l’eccidio e la Liberazione di Prato" e ‘Prato: memorie di famiglie: lo sciopero del 1944 e la deportazione raccontata dalle famiglie pratesi". Figlie e figli, mogli e nipoti dei deportati intrecciano storie e memorie. Questo secondo podcast, per "Questioni di orecchio", una news letter del settore, è risultato tra i migliori podcast del 2024 assieme a produzioni Rai, Sole 24 ore, Chora Media, Storytel e OnePodcast".

Un modo ancora per farsi ascoltare dai giovani. "I giovani amano il confronto, ascoltare ed essere ascoltati. Mettono in relazione i fatti di ieri con quanto accade oggi nel mondo. Comprendono quanto sia necessaria l’attenzione, perché quello che raccontiamo o facciamo vedere in video non debba più accadere. I ragazzi informati possono scegliere da che parte stare".

Al Museo arrivano anche gruppi di adulti. Cosa cercano? "Molti provengono da istituti storici della Resistenza diffusi in Italia e anche all’estero oppure appartengono ad associazioni come Aned e Ampi. Cercano il confronto, riannodano i fili della memoria, si sentono meno soli".

Marilena Chiti