
Da Agliana a Prato per comprare le medicine per il babbo malato. Non tornò più a casa. "Per giorni alla stazione gridando il suo nome".
PRATO
"Brunero era andato a Prato per comprare delle medicine che si trovavano solo di contrabbando, per curare suo padre che era molto malato, e non lo avevano più visto. Erano passati due giorni e lo avevano aspettato giorno e notte sperando che si fosse nascosto da qualche parte, per sfuggire ai rastrellamenti di cui si sentiva parlare proprio in quei giorni, poi avevano cominciato a cercarlo, finché da qualcuno avevano saputo quello che era successo a Prato". Lo racconta Dunia Sardi, di Agliana nel suo libro "La bambina con la farfalla sulla testa". Brunero Tesi era suo cugino, "un viso rotondo, dai lineamenti dolci e grandi occhi scuri". A sedici anni, nei giorni di marzo del 1944, arrivato da Agliana a Prato a cercare i medicinali per il padre malato, fu catturato e trasportato su un treno diretto al campo di concentramento di Mauthausen dove morì sette mesi dopo. Un intreccio di ricordi negli occhi e nelle orecchie della bambina Dunia, alimentato dalla nonna Morina. Perché, allora, i fatti di una famiglia diventavano una storia che apparteneva a tutti.
Sardi, come reagì la sua famiglia quando fu a conoscenza degli arresti a Prato?
"Brunero era il figlio sedicenne di Ugo, un fratello della mia amata nonna Morina e c’erano Ines e Ottavina, le zie di questo ragazzo. Per un po’ di tempo ci fu la speranza a sostenerle. Andavano alla stazione tutti giorni. Aspettavano i treni che arrivavano da Prato con il cuore gonfio di preghiere, perché da uno di quei treni scendesse Brunero". Con gli uomini al fronte o deportati erano le donne a dovere affrontare il dolore.
"Le donne gridavano chiamando il nome Brunero, bussavano a tutte le porte, pensavano che Brunero potesse essersi nascosto. Non si potevano arrendere al pensiero che quel ragazzino fosse stato preso dai fascisti e cercarono ovunque".
Quando avete saputo che Brunero era morto a Mauthausen?
"Molti uomini quando furono catturati cercarono di avvisare le famiglie e gettarono dal treno dei bigliettini con loro messaggi. Brunero, probabilmente non riuscì a farlo oppure quel biglietto non fu trovato. Alla fine della guerra, arrivò nell’aia davanti a casa una guardia in motocicletta con un telegramma, c’era scritto: "Il 10 ottobre 1944, nel campo di concentramento di Mauthausen è morto Brunero Tesi, di anni sedici".
A Brunero fin da piccolo la vita non era stata generosa.
"Aiutava uno zio a costruire pozzi artesiani. Il padre Ugo era malato, e lui era un po’ l’uomo di casa. Gli era morta la sorella Bice, di malattia, a soli quindici anni, e due anni dopo se ne era andata anche la mamma. A stare loro vicini, c’era la zia Ines, una sorella della sua mamma che il padre sposò. Era anche nato il fratellino Giovanni. Poi il babbo si era ammalato".
Cosa le ha insegnato la storia di Brunero?
"La cattura di Brunero ebbe ripercussioni su tutti. Nel cimitero di San Piero c’è ancora la tomba della sua famiglia con la foto che non è sbiadita, ci ricorda orrori che è impossibile cancellare. È un dovere non dimenticare. È stata una tragedia: per i morti, le loro famiglie e tutta la comunità".
Marilena Chiti