Se fosse stata una ditta sarebbe chiusa da un pezzo. E invece il tribunale di Prato – sulle cui sorti e sul cui stato di degrado e carenza di organico si discute da anni – è sempre lì a dare problemi. Il "tempio" della giustizia e delle regole che va a rotoli. Ci voleva un topo (che ha causato il black out totale nel palazzo venerdì scorso) per riportare alla ribalta le difficoltà di una struttura vecchia e malridotta in cui quasi nulla è a norma o funziona come dovrebbe. Il "caso topo", per quanto grottesco, è stato solo la goccia che ha fatto traboccare un vaso stracolmo di guasti, disagi, disservizi, appelli e richieste di intervento caduti nel vuoto. E di passerelle di politici. E’ vero che l’abito non fa il monaco ma l’esterno del tribunale è lo specchio di quello che c’è dentro: l’entrata principale è chiusa dal 2019 quando sono iniziati i lavori per la sistemazione dell’ingresso. Peccato che non siano ancora finiti. L’ultimo cartello indica la fine del cantiere (quello per la sistemazione del corpo esterno dove andranno le guardie) con una data già passata, il 12 novembre. Di ritardo in ritardo sono passati cinque anni fra transenne, erbacce, sporcizia e degrado. Ma questo sarebbe il meno. All’interno cade tutto a pezzi tanto che il procuratore Luca Tescaroli ha deciso di aprire un fascicolo contro ignoti per verificare le eventuali violazioni al testo unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e le possibili responsabilità. Una ipotesi di reato che chiama in causa direttamente il datore di lavoro, ossia il Ministero della Giustizia. Al momento è ipotizzata l’inosservanza di una serie di obblighi a cui è tenuto il datore di lavoro: dalla manutenzione tecnica alla pulizia degli impianti fino alla libera fruizione delle uscite di emergenza in caso di necessità. Proprio per questo ieri pomeriggio è stato eseguito il sopralluogo con i tecnici dell’Asl, il provveditorato regionale per le opere pubbliche e lo stesso Tescaroli. Si tratta di una ricognizione di tutto il palazzo per verificare criticità e avere un quadro chiaro sullo stato in cui versa la struttura che risale agli anni Ottanta.
"L’Asl farà le sue prescrizioni – ha spiegato la presidente facente funzione del tribunale Lucia Schiaretti – Nulla è a norma qui dentro, quindi poi le prescrizioni andranno sanate".
Tra infiltrazioni, muffa, topi che scorrazzano nei seminterrati e nei controsoffitti (ma anche sulle scrivanie dei giudici come accaduto qualche tempo fa), impianti che non funzionano, uscite di emergenza da sistemare, cumuli di rifiuti e arredi gettati all’esterno (che in questi giorni finalmente stanno togliendo) e i lavori infiniti all’entrata, l’agibilità del palazzo è a rischio.
L’ultima tegola arrivata fra capo e collo è stata la scoperta della presenza di amianto all’interno delle guaine protettive dei condizionatori. "Non è una situazione preoccupante – ha aggiunto Schiaretti – ma dovrà essere fatta la verifica. Fino a quel momento i termosifoni non potranno essere accesi". La prova verrà effettuata questa notte dai tecnici quando il tribunale sarà completamente vuoto. Verrà azionato il riscaldamento e saranno fatti prelievi e poi prove di laboratorio per verificare che non via sia "polverizzazione". L’amianto infatti diventa pericoloso solo nel caso in cui si polverizzi. La scoperta è stata fatta dai tecnici che a inizio stagione hanno eseguito le prove per riaccendere il riscaldamento. In quell’occasione fu scoperto che all’interno delle guaine era presente l’amianto. Per la sicurezza di tutti è stato deciso di non accendere il riscaldamento fino a quando non sarà eseguita la prova, quella fissata per stanotte. Nel frattempo le udienze si fanno col cappotto.
Per fortuna, la corrente è stata ripristinata con un intervento "provvisorio" finanziato dal Ministero. La parola "provvisorio" non rassicura e le dita restano incrociate augurandosi che un altro topo non voglia cibarsi dei fili delle cabine elettriche.
Laura Natoli