
di Elena Duranti
PRATO
"Ho sbagliato? Credo di avere fatto errori e sono qui, fra voi, a chiedere scusa". Il vescovo Giovanni Nerbini officia la messa della domenica nella parrocchia dell’Annunciazione per incontrare i fedeli che gremiscono la chiesa esaurendo i posti, distanziati per le norme anti-Covid. "Sono venuto con il cuore in mano per ascoltare la vostra sofferenza, il vostro dolore, la vostra indignazione: sono la mia sofferenza, il mio dolore, la mia indignazione. Sono qui a ad assumermi tutte le mie responsabilità, a prendere gli impegni che ritengo utili. Vi chiedo perdono per non avervi protetto a sufficienza", dice Nerbini parlando della vicenda di don Francesco Spagnesi, l’ex parroco di 40 anni arrestato per spaccio e per essersi appropriato indebitamente delle offerte dei fedeli per acquistare la droga destinata ai festini a luci rosse a cui prendeva parte.
"Ho lottato per non perdere don Francesco, per non lasciarlo andare come avrebbe fatto un padre con il proprio figlio tossicodipendente. Non mi sono reso conto dell’abisso in cui era precipitato, inimmaginabile nei terribili aspetti in cui è venuto alla luce in questi giorni. Ma ancora oggi, conosciuta tutta la storia, Io continuo a soffrire, a sperare e a pregare per lui. Spero che un giorno, col cuore in mano, lui possa domandare perdono, non a me ma a voi e sarebbe un grande passo". Il vescovo affronta anche gli aspetti penali di questa "tristissima vicenda" e si rimette come guida della Diocesi di Prato "alle indagini dell’autorità giudiziaria, a cui chiedo di fare piena luce e di fare presto. Ribadisco la piena collaborazione con la magistratura, avviata già prima del clamore della notizia". E chiarisce quali saranno i suoi prossimi atti: "Compete a me l’accertamento puntuale del danno economico che la parrocchia ha subito. È già in corso una dettagliata verifica e nei prossimi giorni tutto il materiale raccolto verrà presentato al sostituto procuratore che si occupa del caso". Il vescovo di Prato durante l’omelia prende con determinazione l’impegno a risarcire i danni causati dall’operato di don Spagnesi: "La Diocesi, d’intesa con la parrocchia, si impegna fin d’ora - sulla base degli esiti di questa verifica - a mettere a disposizione dei poveri della nostra città una somma di denaro congrua a riparare quanto estorto con l’inganno a tante persone della Castellina e di altre zone della città". Denaro che andrà ai poveri della città, ma che non colmerà la sofferenza grandissima dei fedeli della Castellina: "Il danno morale che avete subito, più ancora di quello materiale, è incommensurabile. Qui – aggiunge Nerbini – c’è un abisso, appunto, di fronte al quale non si può provare che dolore e raccapriccio per l’abbandono di ogni riferimento alla dignità della persona, tanto più grave perché a finire nel fondo di quell’abisso è stato un ministro di Cristo".
Il vescovo nell’intraprendere "da subito un cammino di redenzione e di riscatto" chiede aiuto a "tutti fedeli, sacerdoti, diaconi, consacrati e laici nel nostro dovere di trasparenza. Quando si registrano segnali pericolosi, si viene a conoscenza di situazioni dubbie o sospette, è un dovere cristiano segnalarle. Il vescovo non è onnisciente e quindi ha bisogno di essere aiutato anche come sorvegliante. Ma oggi sono qui per dirvi, soprattutto, che ci sono, che sono accanto a voi, che la nostra forza è, nonostante tutto essere una comunità". Il vescovo ha conclude la sua omelia con un appello: "Questa vicenda terribile chiama tutti noi, consacrati e laici insieme, a riflettere con serietà e urgenza anche sul ruolo dei parroci e dei sacerdoti tutti: sulle loro potenzialità, sulle loro difficoltà, sulle loro solitudini, su come stare loro vicini".