
Le indagini su «Arte stampa srl» sono seguite dai carabinieri
Una azienda dal valore enorme, con un buon giro di affari e clienti importanti, fra cui una famosa griffe di moda. Si tratta della "Arte Stampa srl", ditta a conduzione cinese in via Pistoiese, al centro delle indagini della Procura di Prato dopo l’accoltellamento di un dipendente da parte un collega. Da quel fatto di sangue è emersa una situazione di irregolarità, di sfruttamento e di abusi edilizi. Il gip di Prato ha confermato il sequestro chiesto dalla procura guidata da Luca Tescaroli, mentre il tribunale del Riesame ha confermato le misure cautelari nei confronti dei due titolari. Ma adesso la procura ha deciso di fare un passo ulteriore e di provare a riaprire, in maniera regolare, l’azienda dello sfruttamento: 50 dipendenti in tutto, di cui 14 clandestini, solo sei in possesso di un regolare contratto a tempo pieno. Gli altri avevano un contratto di 4 ore per cinque giorni a fronte delle tante ore lavorate: 12 ore, senza permessi, ferie, malattie, riposi, come accertato dalle indagini.
La Procura – come si legge in una nota del procuratore Tescaroli – ha nominato due amministratori, professionisti di Prato e Roma, che dovranno valutare la possibilità di riaprire la stamperia che ha un fruttuoso giro di affari e buoni clienti, provando a farla lavorare nella legalità, quindi assumendo tutti gli operai con contratti a norma di legge. Un tentativo che, forse, non era mai stato fatto e che dimostrerà se l’azienda sarà capace di "resistere" rispettando le leggi, senza basarsi sullo sfruttamento del lavoro che comporta un risparmio non da poco e che è fra le principali cause della concorrenza sleale. In caso contrario, i due amministratori dovranno avviare la procedura per la liquidazione della ditta considerando il suo ingente valore.
L’idea nasce in seguito al provvedimento preso dal gip di Prato che ha convalidato il sequestro emesso in via d’urgenza dalla procura e ne ha emesso uno autonomo, ritenendo "configurabili i reati di intermediazione illecita e sfruttamento lavorativo, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina", nei confronti del titolare di fatto e del gestore, già destinatari della misura cautelare personale, confermata dal Tribunale del Riesame.
Il gip ha, in particolare, sottolineato come l’esercizio dell’attività d’impresa sia stata esercitata mediante l’impiego di lavoratori stranieri presenti sul territorio, "tutti versanti in uno stato di fragilità e di bisogno" e sottoposti a ritmi di lavoro massacranti in un ambiente insalubre e "privo di presidi volti a garantire le condizioni di sicurezza dei luoghi di lavoro, la salute e l’integrità fisica dei lavoratori", ponendo in rilievo come l’attività ordinaria fosse caratterizzata da alto rischio, perché svolta attraverso l’impiego di macchinari pericolosi (quali calandre, plotter industriali, ramose, generatori di vapore), attrezzature semoventi, come carrelli elevatori, per il cui impiego i lavoratori irregolari non erano stati adeguatamente formati, né pagati secondo i contratti nazionali del lavoro. Alcuni operai, fra l’altro, erano costretti a dormire nel luogo di lavoro (in un dormitorio) e in un locale adiacente alla sede dell’azienda.
"Un ruolo significativo nell’acquisizione delle risultanze di prova è stato svolto da dieci lavoratori che hanno assunto un atteggiamento di collaborazione con l’autorità giudiziaria, fra i quali, un lavoratore, che, dopo essere stato vittima di tentato omicidio mediante accoltellamento, avvenuto nella azienda, ha intrapreso una proficua collaborazione con la giustizia", ha spiegato Tescaroli in una nota.
Laura Natoli