Prato, 9 febbraio 2025 – E’ corsa contro il tempo. Da quando la procura di Prato ha chiuso le indagini e ha recapitato, a inizio settimana, gli avvisi di garanzia ai 15 indagati per omicidio colposo e disastro in relazione all’alluvione che si è abbattuta sul territorio pratese la notte fra il 2 e il 3 novembre 2023, ci sono venti giorni per poter presentare memorie difensive oppure chiedere ai pm (titolari dell’inchiesta Valentina Cosci e Alessia La Placa) di essere interrogati.
Un compito arduo: allegati agli atti ci sono – fra documenti, mappe e carte – circa 8.000 pagine senza contare l’enorme quantità di file, immagini e video che furono acquisiti dagli investigatori i giorni successivi al disastro. Si tratta di una materia molto tecnica tanto che le indagini si sono avvalse della perizia di quattro esperti in campo idrogeologico. Ci sono voluti diversi giorni agli avvocati degli indagati per poter acquisire l’intero faldone contenente le risultanze investigative: a dispetto del processo telematico (che a Prato non sembra essere decollato) gli atti sono arrivati negli studi legali a singhiozzo. Due morti nell’alluvione .
Amministratori sotto inchiesta. I pm: omicidio e disastro Pensare di avere a disposizione poco più di due settimane per visionare tutto è un’impresa. Al termine dei 20 giorni, la procura procederà con le eventuali richieste di rinvio a giudizio oppure di archiviazione nel caso in cui alcune posizioni siano risultate – nel corso delle indagini – non coinvolte nei fatti. Questa prima parte è piuttosto veloce a differenza di quello che potrà rivelarsi un eventuale processo che sicuramente non sarà – considerando i tempi del tribunale pratese – agile. E’ chiaro che sarebbe meglio fare presto considerando i ruoli che hanno alcuni degli indagati (ma questo dovrebbe valere per qualsiasi cittadino che non dovrebbe restare sulla «graticola» per anni): Matteo Biffoni, indagato in qualità di ex sindaco, è tra i candidati più accreditati alle prossime elezioni regionali, Simone Calamai è sindaco di Montemurlo e presidente della Provincia, Simone Faggi è tutt’ora vicesindaco a Prato, e Valentina Vespi è assessore alla protezione civile a Montemurlo.
I quattro politici sono finiti nel registro degli indagati insieme a tecnici e dirigenti accusati, a vario titolo, di non aver «programmato» o «adottato interventi di mitigazione del rischio idrogeologico e di gestione dell’emergenza provocata da eventi naturali». Campanelli di allarme che, secondo la procura, sono stati ignorati dagli indagati che erano invece «a conoscenza della pericolosità idraulica» della Bardena a Figline e del Bagnolo-Fosso Stregale a Montemurlo. Nella chiusura indagini la procura ha puntato il dito contro i piani di protezione civile dei due Comuni «vecchi e non aggiornati in base alle leggi regionali del 2018».
Non solo. Sempre secondo i pm, nel momento «dell’emergenza», quando pioveva da ore e i torrenti erano stracolmi fino all’orlo, non fu presa nessuna iniziativa per informare i cittadini del pericolo imminente: non vi furono «presidi territoriali», ordinanze urgenti «al fine di adottare provvedimenti atti a limitare o impedire il traffico delle auto», «di informare i cittadini» di quello che stava accadendo, di invitare gli abitanti «a recarsi ai piani alti» delle case anche «tramite megafoni». «Tutte iniziative che, se fossero state adottate, avrebbero impedito il disastro» e soprattutto la morte di Antonio Tumolo a Prato e di Alfio Ciolini a Montemurlo da cui l’inchiesta ha preso le mosse. Questo è quello che pensa la procura. La parola passa ora alle difese. Laura Natoli