REDAZIONE PRATO

Inchiesta, i punti chiave: "Piani di emergenza vecchi e non adeguati. Criticità gestita male"

Le accuse della procura ad amministratori, tecnici e dirigenti per il disastro del 2 novembre 2023. Nel mirino le previsioni sui rischi e gli errori commessi quella sera. "Campanelli di allarme ignorati".

Le accuse della procura ad amministratori, tecnici e dirigenti per il disastro del 2 novembre 2023. Nel mirino le previsioni sui rischi e gli errori commessi quella sera. "Campanelli di allarme ignorati".

Le accuse della procura ad amministratori, tecnici e dirigenti per il disastro del 2 novembre 2023. Nel mirino le previsioni sui rischi e gli errori commessi quella sera. "Campanelli di allarme ignorati".

Nessuna "programmazione" o "adozione di interventi di mitigazione del rischio idrogeologico e di gestione dell’emergenza provocata da eventi naturali". Campanelli di allarme ignorati, pur "essendo a conoscenza della pericolosità idraulica" di alcuni torrenti. Piani di protezione civile vecchi, non aggiornati in base alle leggi regionali del 2018. E nel momento "dell’emergenza", quando pioveva da ore e i torrenti erano stracolmi fino all’orlo, la totale assenza iniziative: nessun "presidio territoriale", nessuna ordinanza urgente "al fine di adottare provvedimenti atti a limitare o impedire il traffico delle auto", "di informare i cittadini" di quello che stava accadendo, di invitare gli abitanti "a recarsi ai piani alti" delle case. Insomma, di informarli anche tramite megafoni. "Tutte iniziative che, se fossero state adottate, avrebbero impedito il disastro" e la morte di Antonio Tumolo a Prato e di Alfio Ciolini a Montemurlo.

Lo scrivono le pm Valentina Cosci e Alessia La Placa che, dal 3 novembre 2023, indagano sul disastro provocato dall’alluvione che ha travolto Prato e Montemurlo, ma anche la Val Bisenzio, portandosi dietro morte, fango, distruzione e danni per milioni di euro. Una indagine complessa, seguita dal procuratore Luca Tescaroli, chiusa due giorni fa con gli avvisi di garanzia recapitati a 15 fra amministratori locali (l’ex sindaco di Prato Matteo Biffoni e quello di Montemurlo Simone Calamai), assessori, tecnici e dirigenti dei due Comuni, del Genio civile, del Consorzio di Bonifica medio Valdarno e di Autostrade per l’Italia. L’indagine è stata lunga e complessa e si è avvalsa di una perizia redatta da quattro esperti, dalle testimonianze e dagli esposti dei cittadini (la memoria storica dei luoghi), da foto, immagini e video per circa 100.000 file che sono stati acquisiti e passati al setaccio dagli investigatori.

Il disastro, secondo gli inquirenti, poteva essere "previsto e limitato" se si fossero aggiornati i piani di protezione civile e si fossero eseguiti interventi di mitigazione del rischio in aree già indicate come "fragili". Sempre secondo le carte dell’inchiesta, gli indagati, pur essendo a conoscenza del pericolosità del torrente Bardena-Iolo, che era già stato interessato da una alluvione nel 1992, non avrebbero preso provvedimenti. Ad esempio, nell’area di Fornaci di Figline c’è "una istanza di revoca della concessione al tombamento" del torrente che dà accesso a una abitazione privata mai applicata. Biffoni, il vicesindaco Simone Faggi, l’ex assessore Valerio Barberis, e il dirigente Difesa del suolo del Genio civile Fabio Martelli avrebbero "omesso la redazione di studi su l’area Fornaci di Figline e via di Cantagallo" ritenute ad "alto rischio" e che quella sera furono inondate dall’acqua causando la morte di Tumolo. L’anziano stava tornando a casa quando la sua auto venne "travolta dall’onda della piena e risucchiata dalla cassa di espansione". Omettevano inoltre di "redigere e approvare progetti finalizzati alla sistemazione idraulica del ponte di Figline" causando l’inondazione del paese in seguito "alla tracimazione delle acque che hanno sormontato il ponte".

A Montemurlo è andata più o meno nello stesso modo con l’esondazione del torrente Bagnolo e del Fosso Stregale. Gli indagati (Calamai, la dirigente Sara Tintori, Alessandra Casali, responsabile del servizio ambiente, l’assessore Valentina Vespi, Stefano Grossi della polizia municipale, Fabio Martelli del Genio civile) "pur essendo a conoscenza" della loro pericolosità hanno "omesso di redigere e approvare progetti di sistemazione idraulica". In particolare viene citato il fosso Stregale, tombato e privo di fossetti di ispezione, considerato una fognatura, che alla sua imboccatura presenta "un manufatto metallico basculante facilmente occludibile in caso di piena e pregiudizievole in caso di piena". In pratica la famigerata grata che più volte i cittadini di Montemurlo hanno indicato come responsabile degli allagamenti, anche di quelli avvenuti a settembre scorso. Inoltre la procura segnala come il piano di protezione civile del Comune di Montemurlo fosse risalente al 2012. E infine punta il dito sulla gestione dell’emergenza. Nessuna iniziativa (si cita perfino l’uso di megafoni per avvertire i cittadini) fu adottata, neppure un controllo sui pluviometri. Se le persone fossero state avvertite Alfio Ciolini non avrebbe perso la vita annegando nel salotto di casa.

Nell’avviso di conclusioni indagini si fa riferimento anche al cedimento dell’autostrada nel tratto del casello di Prato Est dove un cinese, che passava in auto, è precipitato nel Bisenzio in piena restando attaccato a un albero per ore prima di essere messo in salvo. Un "disastro – scrivono ancora i pm – che ha coinvolto un numero indeterminato di persone, mezzi di trasporto, insediamenti commerciali e industriali". I due direttori del IV tronco di Autostrade per l’Italia, Giuseppe D’Elia e Luca Della Longa, insieme a Biffoni, sono accusati di non aver svolto la "sorveglianza idraulica" e di non aver disposto la "chiusura del tratto autostradale".

Laura Natoli