Riciclaggio, contraffazione, reati legati al ciclo dei rifiuti. Sono i tre ‘peccati capitali’ della Prato criminale, così come fotografata nell’indagine dell’Irpet su illegalità e criminalità in Toscana, presentato ieri mattina nella sede della giunta regionale. La città è anche nella black list delle province con il tasso più alto di infiltrazione mafiosa, insieme a Livorno, Firenze e Pistoia. I numeri a livello toscano mettono in evidenza una situazione da tenere sotto controllo: 11,3 i miliardi di euro è il giro che deriva dal lavoro illegale; 10,1 è il ‘buco’ nelle casse pubbliche dell’evasione fiscale, 1,2 miliardi sono i profitti della contraffazione. "Dati preoccupanti – ha spiegato il presidente della Toscana, Eugenio Giani – ma un dato positivo possiamo trovarlo nel fatto che, rispetto agli indicatori di presenza oggettiva della criminalità organizzata, la Toscana è al sedicesimo posto in Italia, e al tredicesimo per il controllo del territorio. Buono anche il risultato sulla lotta all’evasione fiscale".
Restano varie preoccupazioni, su Prato in particolare, dopo le attività di contrasto al lavoro nero e allo sfruttamento: si registrano ancora un boom di assunzioni part time (il 40 per cento dei contratti) che spesso, soprattutto nel settore moda gestito dalle imprese cinesi, rappresentano una porta per l’illegalità nei rapporti occupazionali. Un ‘sistema pratese’, lo definisce il rapporto Irpet, che sfrutta il lavoro e lo distingue in base al paese di provenienza: con contratti regolari se italiani, con orari e stipendi diversi se di nazionalità cinese e con stipendi inadeguati con il mancato rispetto di ogni orario di lavoro quando sono pachistani, bengalesi e nord africani.
Sull’illegalità del lavoro, secondo Irpet giocano anche le rapide aperture e chiusure delle aziende. Un tasso di mortalità che permette agli imprenditori di sfuggire al fisco e non riversare imposte e contributi previdenziali. "La Toscana – ha detto la dirigente Irpet, Patrizia Lattarulo – è una realtà con una dinamica economica ed una varietà di fonti di reddito appetibili per le attività illegali. A livello territoriale la parte economicamente più dinamica è anche quella più attrattiva. Prendiamo il territorio pratese, con il settore moda – ha agggiunto – , la provincia di Livorno, con problemi legati al narcotraffico, il grossetano per il sommerso, Firenze e Siena per questioni finanziarie legate al riciclaggio". E anche su questo fronte, Prato purtroppo si distingue dalle altre province per avere la sua banca clandestina che avrebbe trasferito in Cina circa tre milioni di euro provenienti da imprenditori e lavoratori. E’ proprio in questo contesto, secondo il rapporto, che va inquadrata la forte riduzione delle rimesse dei cinesi da Prato verso la Cina, che si sono quasi azzerate, passando da 480 milioni nel 2009 a poco più di 6 nel 2022, nella nostra regione. "Tutto questo è accaduto – si legge nel dossier dell’Irpet – nonostante in Toscana gli addetti di imprese individuali cinesi siano triplicati tra il 2007 e il 2019, le rimesse si sono ridotte di 567 milioni, e ciò fa supporre la presenza di un ulteriore canale di riciclaggio".
Fabrizio Morviducci