Laura Natoli
Cronaca

Insegnante no vax reintegrato, ma gli arretrati non ci sono

Il docente ha ottenuto ragione in tribunale dopo essere stato licenziato. I risarcimenti, disposti dal giudice, sono bloccati alla ragioneria dello Stato

L’avvocato Michele Giacco ha assistito l’insegnante nella causa di lavoro

L’avvocato Michele Giacco ha assistito l’insegnante nella causa di lavoro

Prato, 28 giugno 2024 - Il prof no vax era stato licenziato dalla scuola dove era stato assunto in prova. Dopo due anni e una causa al giudice del lavoro era stato reintegrato con tanto di condanna del Ministero dell’Istruzione a dover pagare gli arretrati mai percepiti dall’insegnante. La sentenza è arrivata ad aprile ma ancora, e siamo a fine giugno, la ragioneria dello Stato non ha pagato quanto dovuto al docente. Dopo due mesi l’insegnante – che per due anni non ha preso lo stipendio – non ha visto un euro da parte dello Stato nonostante ci sia il pronunciamento di un giudice. "Ho fatto diversi solleciti alla ragioneria dello Stato – spiega Michele Giacco, legale del professore – ma nessuno ha saputo fornirmi una spiegazione per cui questi soldi non arrivano. Se continuerà così mi vedrò costretto a chiedere un pignoramento". Il professore nel frattempo è stato reintegrato al lavoro dal provveditorato (il 19 aprile, subito dopo la sentenza) con "tanto di scuse", ha aggiunto il legale, e ha già preso la prima busta paga. "Adesso deve avere gli arretrati e l’indennità risarcitoria, circa 30.000 euro, come stabilito dal giudice"", conclude Giacco. A confondere la ragioneria dello Stato sarebbero le due mensilità che l’insegnante ha preso dopo la sospensione. Una lungaggine burocratica che sta bloccando l’iter di risarcimento.

La storia è cominciata nel 2022 quando il professore venne licenziato in tronco dalla scuola in cui prestava servizio per "non aver superato il secondo anno di prova". Anno in cui, in realtà, non aveva mai prestato servizio in quanto non aveva il green pass. Il professore non si era mai sottoposto alla vaccinazione contro il Covid e così non aveva ottenuto la certificazione verde valida per poter lavorare nella scuola media pratese dove era assunto in prova. Ad aprile scorso la sentenza ha ribaltato la decisione della scuola. In realtà, come ha sottolineato il giudice nella sentenza, il licenziamento era stato motivato in modo generico "per non aver superato il secondo anno di prova".

Fra le motivazioni addotte c’era anche quella che nei primi giorni di maggio (tre giorni per l’esattezza), il docente non si era presentato a scuola in quanto non era in possesso del green pass, all’epoca obbligatorio. L’insegnante era stato sospeso fino alla fine di aprile, come imponeva la normativa dell’epoca per chi non aveva il green pass, mantenendo il posto di lavoro. Quando fu il momento di tornare, il dirigente gli offrì un posto fra il personale Ata ma il docente non accettò e per tre giorni non si presentò a lavoro. Poi, nel settembre successivo fu licenziato. In realtà, come sostenuto dalla difesa, la scuola avrebbe preso di mira l’insegnante con provvedimenti disciplinari e perfino una censura, nel primo anno. Nel secondo anno, invece, il docente non ha mai prestato servizio e quindi non sarebbe stato possibile giudicare il suo operato. Il giudice ha riconosciuto le motivazioni come valide e quindi lo ha reintegrato al lavoro per svolgere il secondo anno di prova senza interruzioni. Adesso, però, mancano gli arretrati.