E’ nata negli anni Settanta in via Pistoiese in un magazzino di famiglia per poi spostarsi in via Castagnoli ed infine in via Zipoli nel 1997: Fil.Pa 1974 è cresciuta nel cuore del Macrolotto zero senza mai abdicare alle sue origini, neppure quando quella parte della città ha accolto la comunità orientale, diventando la Chinatown pratese. Una manifattura di filati pregiati e lavorazioni artigianali che nel 2024 ha festeggiato i suoi primi 50 anni sempre nel cuore del Macrolotto zero a Prismalab, prendendo le mosse dalla lungimiranza di Paolo Padrini, il fondatore della Fil.Pa. Una storia di eccellenza tessile che oggi continua con i figli di Paolo, Barbara e Andrea: "Produciamo la quasi totalità dei nostri articoli nel distretto di Prato. Una parte della produzione è interna, per altre lavorazioni ci affidiamo alla professionalità dei nostri partners esterni tra Prato e Montemurlo, con la maggior parte dei quali collaboriamo da decenni", dicono Barbara ed Andrea.
Gli anni Ottanta sono stati quelli dell’età dell’oro e "molto divertenti. Ho iniziato a lavorare nell’85, mio babbo era ancora giovane. Era diverso il modo di lavorare rispetto ad oggi – ricorda Barbara – Allora c’erano i margini per dare il grosso delle lavorazioni all’esterno, gli ordinativi erano differenti e un articolo poteva girare anche per mesi. Il guadagno c’era per tutti. Poi si è riportata la produzione interna per un discorso di flessibilità, che permette di lavorare su piccole quantità e con maggiore velocità di tempi. Quegli anni ci hanno permesso di crescere in maniera lenta ma costante. Noi seguiamo la filosofia insegnata da nostro babbo: ’il passo più lungo della gamba non si fa’". Una filosofia di vita e di lavoro che ha permesso alla Fil.Pa di compiere tanti passi, uno dietro l’altro con successo ed arrivare a spegnere 50 candeline con un passaporto di ditta sana, solida e punto di riferimento per clienti italiani e marchi di alto livello "in un mercato altalenante. Ma il tessile è così".
Fil.Pa oggi ha 20 dipendenti con un’età media di 40 anni. "Negli ultimi anni abbiamo inserito diverse persone giovani – dice Andrea – Alle macchine abbiamo il capo italiano e gli altri sono ragazzi albanesi tra i 40 e i 45 anni più un pachistano, oltre ad alcune lavoranti donne. Si lavora su turni, anche di notte. Come le altre aziende del distretto, abbiamo richiesto la cassa integrazione quest’anno, ma l’abbiamo usata solo per pochissimi giorni e per alcuni dipendenti". Nel mezzo secolo, la Fil.Pa ha attraversato anche la criticità del covid. "Eppure non ci siamo mai fermati se non per un mese. Abbiamo riaperto il 20 aprile perché abbiamo iniziato a lavorare per un’azienda di Montemurlo grazie al codice Ateco – aggiunge Andrea – Poi nel 2021 e ’22 si è volato. Anche di fronte alla frenata di questo 2024 non ci fermiamo e continuano a fare investimento in ricerche e novità da proporre a livello di campionario filati e di collezioni. Dal periodo del covid le tariffe non sono più tornate indietro".
Anche la sostenibilità è un tema che Fil.Pa ha nel suo dna. "Negli audit c’è chi chiede se abbiamo dormitori nei magazzini o si impiegano bambini. Ma queste pratiche da noi non esistono e non sono mai esistite – sottolineano con chiarezza – Fare le certificazioni richieste dal mercato implica uno sforzo per le aziende economico e di personale. Però ci siamo attrezzati per ottenere entro l’anno la cerificazione Fsc della viscosa, il Grs ad inizio 2025 ed entro il 2026 il Gots. Sono costi, ci vuole una persona addetta: avere le certificazioni, però, non implicare avere una maggiore quantità di lavoro".
Fil.Pa lavora sia per l’estero che per l’Italia, in particolare il Nord oltre che per ditte del distretto che fanno tessuti per arredamento. La produzione di ciniglia per arredamento arriva a 250mila chilogrammi all’anno, quella dei filati fantasia si assesta a 150mila chili, mentre le materie prime vendute all’anno sono circa 50mila. "Alcuni clienti quando diciamo che abbiamo l’azienda al Macrolotto zero ci associano ai cinesi. Noi ribadiamo semplicemente che siamo al Macrolotto zero – dicono – Il che dimostra che il distretto parallelo ci danneggia come immagine in generale di Prato. Noi, come azienda siamo conosciuti da fornitori e clienti con i quali lavoriamo da decenni con piena fiducia e per la qualità dei prodotti, la velocità e la cura del servizio. Trovare Prato sulle pagine dei giornali solo per un distretto parallelo sleale e illegale è riduttivo ed un dispiacere per chi come noi da sempre lavora nelle regole. Il distretto è altro, e gli imprenditori ci tengono alla qualità dei loro prodotti e sentono la responsabilità per le famiglie che lavorano per loro".
Sara Bessi