ROBERTO BALDI
Cronaca

La faccia sorridente della città Le riviste del Buzzi e del Gam Il talento speciale di riderci su

Gli spettacoli delle Pagliette e quelli ("Camici miei") del Gruppo autonomo di medicina . È anche questa la storia di Prato, brava a rispecchiare se stessa con comicità e verismo.

La faccia sorridente della città Le riviste del Buzzi e del Gam Il talento speciale di riderci su

di Roberto BaldI

Non c’è mai garbato piangerci addosso. Anche quando le cose andavano di traverso, abbiamo colto gli aspetti divertenti dell’esistenza, senza presumere di essere Atlante che porta il mondo sulle spalle. E a guardare "La vita è bella", uno dei film migliori della storia del cinema dove l’olocausto viene raccontato attraverso il gioco per esaltare appunto la bellezza della vita, si capisce che solo un pratese naturalizzato come Benigni, nato ad Arezzo, poteva realizzarlo con la vis comica cara appunto ai pratesi. E’ con questo spirito di divertimento e di fiduciosa attesa nel domani che ci hanno accompagnato negli anni due spettacoli fondamentali come quello delle Pagliette del Buzzi e la rivista del GAM (gruppo autonomo di medicina) oggi trasfuso in "Camici miei" a descriverci il film della vita in Prato.

La rivista del Buzzi è la faccia sorridente di una città che rispecchia se stessa con comicità e verismo, ripercorrendo la storia dei primi cenci arrivati a Prato per iniziativa del genio del marketing Datini, la crisi del tessile, e soprattutto la fede sempiterna nel futuro. Un modo tutto pratese di esorcizzare i momenti bui: si è resistito all’acrilico, si è sgominata la finta pelle; si è superata la stagione del jersey e ci si appresta ad affrontare l’ipotesi degli abiti di latta che per far pipì ti tocca adoprare l’apriscatole, come invocava uno dei personaggi della rivista. Nell’ultimo spettacolo al Politeama ("A un certo momento l’inferno") anche Dante Alighieri si è rivolto alla capacità operativa di Prato per rimettere le chiappe nell’amataodiata Firenze, così come nei tempi successivi dell’alluvione Firenze si rivolse a Prato per …tornare a galla. Il tutto condito da regia attenta, recitazione di pregio, scenografia al bacio, balletti e musiche che ti riportano al varietà migliore. Nelle contraddizioni e nelle antinomie di questa provincia, dove l’umano diventa magico in un risorgere continuo, il canto conclusivo "se Prato la un ci fosse" ti riporta alla filosofia malapartiana secondo cui l’Italia si riduce alla Toscana e la Toscana a Prato, pianeta laborioso che tesse lane, cultura e non s’arrende mai. Che ha finito per abbracciarsi con i meridionali (o Gesù dagli occhi boni fai morir tutti terroni, era il refrain degli inizi) fra cui quelli con gli occhi celesti di Panni importati da Nicola Longo che ha imparato per primo a parlare con la "c" aspirata, e poi con tutte le razze del mondo. Perché, come spiega Piero Zucchi, uno degli autori dei testi, "i microbi della globalizzazione non pagano il dazio e non si arrestano alle frontiere". A fondamento della rivista soprattutto Rodolfo Betti, "che l’ha voluto il Padreterno perché anche nell’aldilà c’era bisogno di Rodolfo per tenerli allegri", come commentò la moglie Elita ai funerali. E giù un applauso fragoroso, perché Rodolfo lo sentisse da lassù, come piaceva a lui quando si rintanava fra le quinte ed appariva a spettacolo finito su sollecitazione del pubblico.

A mantenere la fiducia nel domani anche la rivista "Camici miei" del mitico Gam, Gruppo autonomo di medicina, che nacque nelle stanze-soffitta dell’ospedale, presidente il sottoscritto, vicepresidente Massimo Magni conte di Vaiano e Faltugnano, sotto la guida artistica sempre di Rodolfo (cui è stato dedicato lo spettacolo "Betti una sera a cena", intitolato appunto a lui), dove avevamo allevato tal Francesco Nuti, per proiettarlo dalla rivista nel firmamento della celluloide. Ci fu un momento in cui il mondo gli franò addosso. E fu anche lo spirito goliardico-vincente della rivista a dargli forza attraverso una lettera del Gam pubblicata sul nostro giornale. "Francesco, ti abbiamo amato e invidiato quando ci raccontavi delle più belle donne d’Italia, noi che ne abbiamo una sola e brontolona. Sappiamo quanta verità c’è nella tua disperazione declamata, perché hai sempre pubblicizzato tutto, anche l’abbandono della fidanzata, che ce lo facevi sentire dolore comune e lo riponevi nei films. A nome di tutti siamo a ordinarti di non fare il bischero. Quando non sentirai il calore degli altri, sappi che il nostro è sempre profondo". E Francesco è rimasto con noi, col sempiterno sorriso delle due compagnie teatrali, Buzzi e Gam, di cui è stato protagonista, con quegli occhi stuporosi ed ironici di monello buono fabbricante sogni, come aveva imparato nelle riviste al Politeama, dove sopra la cupola prestigiosa di Nervi si vedevano le stelle anche in giorni di nuvolo.