
Non di sola stoffa vive Prato: dal centro città all’hinterland collinare è un susseguirsi di ristoranti con caratteristiche diverse. Il pratese, dopo
la sosta obbligata del coronavirus, ha ricominciato
a frequentarli con precauzioni nuove e con un po’ di attendismo, ma resta
un mondo in continuo
divenire che ritroverete settimanalmente su queste pagine che dedicheremo
ai protagonisti principali
di questo settore.
di Roberto Baldi
Compirà 50 anni dalla fondazione l’11 maggio dell’anno prossimo e sarà una data da segnare nel libro di ricordi della continuità del buongusto. Il ristorante Pirana di Gianluca Santini in via Valentini resta il padre nobile della ristorazione pratese, dove non vale il ’pancia mia fatti capanna’ ma il piatto prelibato. Lo ritrovi tale e quale a circa 50 anni: ambienti raffinati con lampadari retrò, sedie di pelle e moquette a scacchi, cura dei particolari e dei piccoli decori. Da qui sono passati la regina d’Olanda e tanta parte del turismo internazionale. Fra i primi attestati, quello della tv che già nel 1990 chiamò i proprietari a un programma di Antonella Clerici.
In certi ristoranti oltre al conto ti portano anche la prognosi. E qui?
"Da noi si paga il piatto prelibato per quello che vale, ma senza esosità in un ambiente che serba un suo pregio", ci risponde Gianluca.
Gli inizi come furono?
"Avevo appena 20 anni quando insieme a Giuseppe Sani, proprietario di Ilio Pesca del viale Montegrappa e l’altro mio socio Dino Giannini, tentammo l’avventura. Io avevo compiuto la scuola alberghiera e avevo fatto esperienze all’Augustus di Forte dei Marmi e al Majestic del Lago Maggiore, ma solo come portineria e segreteria. Come cuoco fui autodidatta".
Un dopovacanze col freno tirato?
"La musica si è fatta più difficile con una caduta d’introiti del 30% rispetto al brillante 2019", dice ancora Gianluca insieme al figlio Roberto. "Non abbiamo indietreggiato di un passo, continuando a mantenere a libro paga i dieci dipendenti, nonostante la riduzione di 30 posti all’interno in omaggio alle regole coronavirus, mentre in altre regioni come in Sardegna nel periodo estivo i posti erano uno in capo all’altro".
Le cause del ridimensionamento?
"La pandemia ha incrinato la salute, ma ha alleggerito anche le tasche. Qualcuno sta lontano dai ristoranti per cautela finanziaria. Qualche altro usa giusta prudenza. I giapponesi, gli americani e gli uomini d’affari in genere, che venivano a comprare nei laboratori pratesi-cinesi ed erano anche nostri clienti, se ne stanno a casa in attesa di tempi migliori".
Prospettive per il futuro?
"La gente ha sempre premiato la nostra filosofia di arte culinaria, ponendo il Pirana come riferimento per tutti gli amanti del pesce in Toscana. Abbiamo fiducia".
Con quali intenti iniziaste?
"Ci proponemmo prima di tutto un ristorante atipico, selettivo per clientela e per genere di cucina. La cucina è scienza, sta al cuoco farla diventare arte. L’unico aiuto che chiedo è il rispetto del nostro lavoro".
Nel senso?
"Paghiamo 12.000 euro all’anno di nettezza urbana e non ci riesce ottenere il prelievo degli scarti di pesce dai cassonetti per più di due volte la settimana. Roba da terzo mondo. Con tutto il rispetto per il terzo mondo".
Previsioni per il futuro?
"Assolutamente positive. E’ più facile essere fedeli al ristorante che a una donna".
1 - continua