REDAZIONE PRATO

La filiera parallela invade anche l’agricoltura "Il risultato? Mancano terreni per i cereali"

Appezzamenti pagati a peso d’oro per ospitare le serre cinesi: il tema torna d’attualità vista la crisi del grano. Parla l’esperto di Coldiretti

Fra i 2.000 e i 2500 euro all’anno di affitto per ogni ettaro di terreno agricolo da avviare alla coltivazione di ortaggi: quasi dieci volte tanto rispetto a quanto gli agricoltori pratesi sono disposti a pagare per affittare un campo incolto e avviare una coltivazione di grano. E’ con questo sistema, fatto di affitti fuori mercato, che gli imprenditori cinesi sono riusciti a trasformare centinaia di ettari di terreno, in passato destinati alla cerealicoltura, nelle ben note serre cinesi. Coltivazioni effettuate alla luce del sole, ma sulle cui modalità produttive non si conosce quasi nient. Un fenomeno da anni noto in città e che è tornato alla ribalta nazionale con un servizio andato in onda lunedì sera su Rai 3, durante la trasmissione Report.

L’inchiesta partita dalla speculazione sul costo del grano a seguito della guerra in Ucraina, racconta come in città siano spariti negli anni i terreni destinati a cerealicoltura, lasciando spazio alle coltivazioni cinesi e al mercato parallelo. Una situazione già vista nel tessile, ed esportata poi nell’agricoltura. "Le serre cinesi sono ormai un po’ ovunque in città", racconta Andrea Landini, vicepresidente della Coldiretti Prato-Firenze. "Si possono trovare a Tavola, alle Fontanelle, a San Giorgio a Colonica e a Maliseti al confine con Montemurlo. Purtroppo tanti privati che in passato affittavano ai coltivatori locali a 300 euro all’anno a ettaro, si sono fatti ingolosire da cifre fino a 2500 euro l’anno che i cinesi erano e sono disposti a pagare. Da qui il fenomeno ha preso sempre più piede, fino ad arrivare alle attuali dimensioni. Di per sé non è un fatto negativo, peccato però che queste serre cinesi sfuggano a ogni regola italiana". A supporto della propria tesi, Coldiretti cita i dati della Regione, che raccontano come in tutta la Toscana risultino ufficialmente attive solo sette aziende agricole cinesi. Praticamente niente se si pensa al numero di serre presenti fra Prato, Sesto Fiorentino e Campi Bisenzio. "I semi che utilizzano non sono tracciati", prosegue Landini. "Non si sa se sono Ogm o meno. Non conosciamo niente sui concimi, sui prodotti fitosanitari usati e nemmeno su come vendono i prodotti. Pensate che né come Coldiretti, né come Consorzio Agrario non abbiamo nemmeno un coltivatore cinese socio o cliente. E’ chiaro che hanno un canale di fornitori, produzione e vendita parallelo, che però sfugge a tutte le regole che noi coltivatori italiani dobbiamo rispettare". I dubbi riguardano anche le modalità di vendita e il rispetto delle norme igienico-sanitarie. "Ogni sera, dalle 19 in poi, si vedono furgoni arrivare nei campi e caricare merce", spiega il vicepresidente di Coldiretti. "Poi partono verso i Macrolotti per venderli nelle fabbriche, negli stanzoni o direttamente in via Pistoiese. Arrivando fino a San Donnino e all’Osmannoro. La filiera è parallela in tutto e per tutto, arrivando a una concorrenza sleale che riguarda produzione, lavorazione, rispetto delle norme anti-inquinamento e sfruttamento degli operai".

L’allarme lanciato da Coldiretti riguarda anche le tematiche ambientali e il rischio beffa per chi affitta agli imprenditori cinesi. "Una volta che lasciano i campi, i proprietari sono costretti a fare i conti con la rimozione di plastiche, scatole e inquinanti vari", conclude Landini. "Di fatto, quello che guadagnano negli anni, poi ce lo rimettono per bonificare il terreno. Poi per carità, va detto che i cinesi non si sono inventati un mestiere, ma che in questo campo hanno una lunga tradizione e che sono bravi. Chi coltiva nei terreni a fianco delle serre cinesi racconta di zucche e meloni di dimensioni inavvicinabili rispetto alle produzioni italiane. Però è inaccettabile che non ci siano controlli continui e che manchino addirittura stime precise sui numeri di queste serre. Visto che tutti sanno, perché nessuno interviene?". Stefano De Biase