REDAZIONE PRATO

La Garante dei detenuti: "Mancano psicologi ed educatori. Investire sul reinserimento"

Margherita Michelini, ex direttore penitenziario in pensione, da poco più di due anni ricopre l’incarico. Cinque suicidi: 2024 anno nero alla Dogaia. "Occorre un direttore stabile: darebbe certezze al personale" .

"E’ una questione di scelta. Investire per tenere sempre più persone in carcere, come sembra stia avvenendo con il decreto sicurezza, o spendere sul reinserimento della persona?". Margherita Michelini, fiorentina di 69 anni, è in carica da più di due anni come Garante dei detenuti a Prato. Alle spalle ha una lunga esperienza: è un ex direttore penitenziario in pensione. "Si può dire che tutta la mia vita sia stata legata al carcere. Sono entrata come amministrativa a fine ’82. Poi ho fatto il concorso per educatore". E’ stata a Venezia, a Sollicciano, poi ha vinto il concorso per vicedirettore ed è arrivata a San Vittore, per riavvicinarsi poi in Toscana: ha lavorato per vari anni al Solliccianino (il Gozzini), poi l’ultimo anno e mezzo prima della pensione è stata direttore aggiunto a Sollicciano.

Dopo la pensione ha fatto richiesta per diventare Garante dei detenuti a Prato... "Sì, ricordo che è un lavoro volontario, non retribuito". Come si svolge? "Io lavoro da sola, vado periodicamente in carcere, sento i detenuti e cerco di risolvere qualche problema. A volte mi sento più una ‘tappabuchi’ che una garante. C’è tanto da fare..."

La Dogaia è una delle emergenze di Prato. Il 2024 è stato un anno nero. Cinque suicidi (considerando anche quello di fine dicembre 2023) e 80 eventi critici certificati. "Non ero ancora Garante, ma la situazione è peggiorata nel periodo covid: essendosi bloccati i colloqui con i familiari c’erano stati vari disordini. Già da allora certe attività che venivano fatte in carcere con i volontari hanno smesso giocoforza di essere portate avanti. E quando poi si è tornati nella normalità si è persa tutta una serie di attività. Penso ad alcuni corsi di formazione, ad esempio. Ora ci stiamo impegnando con il Comune per cercare nuovi volontari, anche perché il magistrato sorveglianza ha abitudine di dare i primi permessi con accompagnamento. Per cui ci occorrono volontari e ci stiamo attivando".

La Dogaia non ha un direttore stabile. "Esatto, mancano le figure apicali. Il direttore Tedeschi è facente funzione e anche il comandante di reparto non è stabile. Un direttore effettivo darebbe più certezze anche al personale. Mancano soprattutto ispettori e sovrintendenti: sono un po’ le figure-ponte tra detenuti e direzione".

Cosa può fare la politica? "Purtroppo credo possa fare poco. Ricordo che la sindaca Bugetti aveva anche invitato il ministro Nordio al consiglio comunale straordinario sul carcere. Nulla".

Spesso si tende ad avvertire come ‘lontano’ il tema dei detenuti e in generale del carcere. Ne conviene? "Vero. Già da una trentina d’anni le carceri vengono fatte sempre più in periferia, come per non mostrarle alla vista. Investire nel reinserimento sociale e nella formazione dei detenuti potrebbe restituire al territorio persone che non andassero poi più a delinquere".

Psicologi ed educatori sono supporti importanti in vista appunto di un reinserimneto sociale dei detenuti. Come siamo messi a Prato? "Mancano psicologi rispetto all’organico. Non sono sufficienti. Vale anche per gli educatori: c’è un organico vecchio rispetto alla popolazione carceraria. Siamo a 600 detenuti alla Dogaia. Il numero di educatori, assistenti sociali e mediatori culturali andrebbe ricalcolato".

Maristella Carbonin