REDAZIONE PRATO

La guerra raccontata ai nipoti: "Quel biglietto nella scarpa diceva che il bisnonno era vivo"

Uno studente delle medie Fermi: "La prof ci ha chiesto di cercare testimonianze in famiglia" "Parlando con mio nonno e la zia ho sentito quanto la Storia che si legge sui libri fosse vera".

Uno studente delle medie Fermi: "La prof ci ha chiesto di cercare testimonianze in famiglia" "Parlando con mio nonno e la zia ho sentito quanto la Storia che si legge sui libri fosse vera".

Uno studente delle medie Fermi: "La prof ci ha chiesto di cercare testimonianze in famiglia" "Parlando con mio nonno e la zia ho sentito quanto la Storia che si legge sui libri fosse vera".

La professoressa Rosaria Mauriello di lettere della mia classe, la 3°G della scuola media Enrico Fermi di Prato, ci ha assegnato il compito di cercare testimonianze dirette o ricordi dei familiari sul periodo della Seconda Guerra Mondiale e della Liberazione. Ho parlato con mio nonno Romeo Baldi e sua sorella Anna Baldi, che mi hanno raccontato come la tragedia della guerra abbia devastato tutte le famiglie, da una parte e dall’altra, tanto gli oppressi ma anche gli oppressori. Il loro babbo ha patito l’inferno nei campi di concentramento. La loro mamma è rimasta sempre coi figli facendo tutti i lavori, anche quelli più pesanti e destinati agli uomini, reggendo perfino il peso della mancanza di notizie degli uomini della famiglia deportati e forse morti. Fortunatamente tutti poi sono tornati vivi. Mi è sempre sembrato un capitolo dei libri di storia. Ma parlando con mio nonno e la zia Anna ho sentito quanto quella guerra fosse vera.

Mio nonno Romeo (che è nato dopo la guerra, ma si è fatto raccontare tutto dai genitori) e sua sorella Anna (che ha guardato la guerra con gli occhi di bambina) mi hanno raccontato che il loro babbo (il mio bisnonno), Angelo Baldi, nato il 6 marzo 1900, l’ha vissuta personalmente. Già a 18 anni entrò come ausiliario dei Carabinieri. Nel 1922, con l’avvento del fascismo, fra i suoi compiti ebbe l’incarico di imporre l’ordine e il coprifuoco a tutti, compresi parenti e amici, ma dopo qualche tempo uscì dall’Arma per evitare di continuare a usare la forza con i suoi cari. E così iniziò a fare il carpentiere. Dopo che erano cominciati i lavori per la Direttissima che collega Vernio a San Benedetto Val di Sambro, andò a fare il minatore in prima linea per realizzare la galleria ferroviaria dell’Appennino lunga 18.507,38 metri, allora la più lunga al mondo. Scendeva ogni giorno 1863 scalini da Ca’ di Landino, dove era stato realizzato un pozzo con scala verticale che arrivava fino al punto di mezzo della galleria. Nel 1934, finita la galleria, ricominciò a fare il carpentiere, e si spostò a lavorare in Val d’Isarco, alla realizzazione del Ponte sull’Isarco. Mentre era là, essendo stato notato come lavoratore di ottimo livello, lo scelsero per mandarlo in Germania in un campo di lavoro per opere specialistiche, poi lo deportarono in un campo di concentramento e poi in un altro ancora. Mio nonno Romeo mi ha raccontato che la mia bisnonna non ebbe più notizie di lui per molto tempo. Erano passati 3 anni da quando era sparito, poi un parroco fece sapere alla mia bisnonna di essere stato contattato da Trento: lì era tornato un uomo dalla Germania che aveva informazioni di Angelo.

Così la mia bisnonna Chiarina, moglie di Angelo, e Pina, sorella di Angelo, partirono per Trento a recuperare una lettera scritta dal mio bisnonno, trasportata nascosta dentro ad una scarpa di quel fuggitivo. Angelo in quel foglio scriveva di trovarsi a Braunschweig (vicino ad Hannover) in un campo di concentramento dove chi non moriva costruiva aeroplani. Scriveva che aveva fame e freddo, e chiedeva di riportarlo a casa. Ma non fu possibile far niente. Ad aprile del 1944, quando i bombardieri statunitensi colpirono l’area industriale di Hannover, il mio bisnonno riuscì a fuggire a piedi. Un prete gli tinse il pigiama a righe del campo di concentramento, altrimenti facilmente riconoscibile, e pochi giorni dopo passò il confine al Brennero. La zia Anna mi ha racconato che era a giocare quando vide arrivare sul viottolo di casa un uomo molto magro con la barba lunga, mal vestito; lui con un sorriso emozionato disse "la mia bambina...". Lei si impaurì e scappò dalla sua mamma, dicendo "Cosa vuole questo sconosciuto da me?". Ma lui era il suo irriconoscibile babbo, sciupato dalla sofferenza della guerra, ma tornato vivo.

Lapo Santini, 3° G E. Fermi