MARIA LARDARA
Cronaca

La lettera degli studenti: "Dateci un giardino". Dialogo sull’accoglienza

Una classe della primaria Filzi ha incontrato l’assessora Maria Logli. Anche la scuola multiculturale è stata al centro del confronto.

Una classe della primaria Filzi ha incontrato l’assessora Maria Logli. Anche la scuola multiculturale è stata al centro del confronto.

Una classe della primaria Filzi ha incontrato l’assessora Maria Logli. Anche la scuola multiculturale è stata al centro del confronto.

Voce ferma, lettera in mano, sguardo tenero. Hiba legge la prima lettera, frutto di un lavoro collettivo in classe. Chiede a nome del gruppo, la quinta C della primaria Filzi, e delle altre classi che verranno, ciò che dovrebbe essere l’abc per i suoi coetanei: uno spazio dove correre e giocare a scuola. "Chiediamo a lei e alla Sindaca di convincere il proprietario a dare il giardino in comodato d’uso alla scuola: "Ce lo potete prestare?"".

Lei è l’assessora alle politiche per l’inclusione Maria Logli, declinata e salutata secondo il linguaggio di genere, perché anche sui banchi le parole sono importanti. Qui ci si rivolge sempre in modo plurale, alle bambine e bambini: ci tengono le maestre Maria Paglia e Romina Marchini, che fanno parte del Cidi (Centro d’iniziativa democratica). E quindi cercasi un giardino vero perché quello di cui dispongono le quattro quinte dell’istituto Marco Polo (plesso di via del Seminario) è poco più di un cortile senza un filo d’erba. Uno spazio verde esisterebbe ma versa in stato d’abbandono e ricade nella proprietà contigua che appartiene alla Provincia. Per la verità la dirigente del Marco Polo, Giuliana Pirone, ha già tentato un’interlocuzione con l’ente ma della questione promette d’interessarsi l’assessora Logli prendendo contatti con il presidente Simone Calamai. "Si potrebbe ipotizzare un patto di collaborazione fra Comune e Provincia", ha annunciato Logli. L’edificio scolastico ospita anche le medie Mazzei. "Potremmo occuparci noi della cura del verde", suggerisce la preside Pirone. Ore 15, classe quinta C: quella di ieri è stata un’ora di educazione civica diversa dal solito, con la classe a ‘interrogare’ sul tema della cittadinanza una rappresentante del governo cittadino. Un microcosmo multiculturale dove la moltitudine di cognomi stranieri (18 su 19) può solo trarre in inganno. L’assessora ascolta le storie di Tyler, Ayat, Aythen, Divine, Amina: uno dei loro genitori ha acquisito la cittadinanza italiana. E ad Amina, originaria del Pakistan, che ricorda come quello italiano sia stato un popolo di migranti e che "per questo bisognerebbe accogliere con più dignità", l’assessora risponde che "le nostre leggi sono un po’ più indietro rispetto alle classi". "Occorre riformare il quadro delle leggi nazionali ma intanto possiamo alimentare tutte quelle forme di rappresentanza dove non si fa distinzione di cittadinanza in base ai documenti: la consulta degli studenti, l’osservatorio per l’adolescenza, il consiglio comunale dei ragazzi". Mai più file in Questura per rinnovare i documenti in tasca, anche per i bambini. "Perché alcuni sono chiamati clandestini?", chiede Chiara, di origine cinese. C’è un altro volontario per la seconda lettera, in cui si chiede al Comune un maggior equilibrio nella composizione degli alunni (italiani e stranieri), per evitare – si legge - "brutte etichettature". "Dicono di noi che nelle nostre classi non si studia bene e si impara poco ma siamo orgogliosi della nostra scuola che è capace di accogliere ed educare". Problemi di stradario? L’assessora prende nota e promette un approfondimento. E pensare che tutto è nato da un percorso di geostoria in classe sul confronto fra la polis greca e la nostra società. "Un esempio - chiosa la preside - di come si possa insegnare in modo virtuoso l’educazione civica".

Maria Lardara