MARILENA CHITI
Cronaca

La riflessione dopo oltre 80 anni: "I fascisti furono colti di sorpresa. Una reazione feroce nelle strade"

Romagnoli: "I fatti che abbiamo vissuto devono essere un monito"

Un’immagine simbolo dei campi di concentramento

Un’immagine simbolo dei campi di concentramento

L’appello a ricordare i deportati pratesi morti nei campi di concentramento nazisti è importante e dobbiamo dargli ascolto. Solo la conoscenza degli orrori della guerra può aiutarci ad evitarne altre, la memoria deve insegnarci che le guerre si concludono sempre allo stesso modo: un numero impressionante di morti, atrocità che testimoniano la perdita di umanità, deportazioni, distruzioni. I padri fondatori della Repubblica lo avevano chiaro e lo scrissero nella Costituzione: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali…”.

Abbiamo potuto vivere un lungo periodo di pace, ma alla fine del secolo scorso c’è stata la guerra nella ex Jugoslavia e negli ultimi anni quelle in Ucraina e in Medio Oriente. Ai nostri confini abbiamo visto ripetersi le barbarie che avevamo vissuto: morte, pulizia etnica, campi di concentramento; eppure anche il nostro paese ne è stato coinvolto e, nonostante il dettato costituzionale, non ci si è adoperati per soluzioni politiche, per evitare il peggio, come avremmo dovuto. Certamente una via sempre difficile, particolarmente in questa fase di crisi degli organismi internazionali (Onu, ma anche Ue) e di rinascita di nazionalismi e sovranismi. Ma assolutamente da tentare.

Oggi sembra profilarsi una soluzione a quei conflitti, un esito che rende chiaro anche le loro cause: rivendicazioni territoriali e interessi economici, in nome dei quali si sono avuti centinaia di migliaia di morti, città rase al suolo, popolazioni affamate e senza rifugio. Una storia da noi già vissuta, in un altro tempo, in un altro contesto storico, con altri protagonisti, eppure terribilmente simile all’oggi. La popolazione allo stremo si ribellò, stretta tra la fame, i bombardanti alleati, le violenze dei nazi-fascisti voleva la pace, la fine delle uccisioni e delle persecuzioni. Queste furono le motivazioni degli scioperi del marzo del 1944, una resistenza di massa, pacifica e determinata. Un episodio unico nella storia dell’Europa occupata, un atto di eroismo e sacrificio di cui fu protagonista la popolazione pratese e duramente pagato.

I fascisti furono colti di sorpresa, impauriti per le dimensioni dello sciopero e dalle possibili responsabilità e conseguenze da parte dell’alleato nazista, reagirono rastrellando e imprigionando prima una parte degli operai che vi avevano aderito, poi chiunque si trovasse in strada. Una rappresaglia feroce quanto ingiustificata, pochi riuscirono a fuggire, per gli altri vi furono i campi di lavoro e la morte. Sono trascorsi 80 anni, ma quell’infamia è ancora attuale, oggi non tocca a noi, ma domani potrebbe accadere di nuovo, lo dimostra la sorte attuale di popoli a noi vicini. Abbiamo un’unica soluzione: adoperarsi attivamente per la pace, applicare la Costituzione.

La memoria deve essere coltivata, i fatti devono essere un monito, la sorte di coloro che furono deportati è ancora un insegnamento, come lo è il dolore dei sopravvissuti, delle madri, mogli e figli che ne attesero per anni il ritorno. Abbiamo un dovere, è stato detto tante volte: mai più, lo dobbiamo ai nostri morti, lo dobbiamo ai nostri figli perché il mondo può e deve essere migliore.

Marco Romagnoliscrittore e saggistaex sindaco di Prato