La verità di Bini Smaghi: "Regole rispettate. Al Pecci serve tempo. Rilancio in cinque anni"

Il presidente del cda in commissione controllo e garanzia dopo i licenziamenti, le polemiche e il reintegro dei lavoratori "Palazzo Strozzi? E’ andato in utile dopo 16 anni di attesa" .

La verità di Bini Smaghi: "Regole rispettate. Al Pecci serve tempo. Rilancio in cinque anni"

La verità di Bini Smaghi: "Regole rispettate. Al Pecci serve tempo. Rilancio in cinque anni"

Lorenzo Bini Smaghi e Stefano Collicelli Cagol in commissione controllo e garanzia. Tre ore di audizione durante la quale il presidente del cda del Pecci ha portato davanti ai consiglieri comunali la sua verità sui conti in rosso, i pochi incassi, la mancata partecipazione di sponsor privati e i licenziamenti taciuti fino all’ultimo. In buona sostanza Bini Smaghi ha ripetuto quanto detto a luglio, sottolineando la trasparenza dell’operato del cda "sempre supervisionato dai legali della Fondazione". Il riferimento è ai verbali del consiglio di amministrazione chiesti dal presidente della commissione, Leonardo Soldi (Centrodestra), consegnati in modo parziale e oscurati in alcuni tratti. Non proprio il materiale che i consiglieri si aspettavano, ma quello, secondo Bini Smaghi, giusto per tutelare la privacy delle persone coinvolte nelle discussioni.

Un botta e risposta sul filo della giurisprudenza che ha portato a poco, se non a nulla, nella discussione andata avanti per tre ore e poi sospesa nonostante la disponibilità del presidente a proseguire a porte chiuse per affrontare anche la questione della "cessazione di rapporto", come ha tenuto a precisare non parlando di licenziamento, dell’ex direttrice Cristiana Perrella.

"Il cda è un organo collegiale – ha detto Bini Smaghi – e tutto quello che avviene e viene comunicato al riguardo passa sotto la supervisione di due consulenti in perfetta linea con quanto previsto dalla legge e nel rispetto dello statuto", ha rimandato al mittente le accuse sulla mancata trasparenza, così come ha precisato di aver taciuto la volontà del cda di licenziare due lavoratori (poi reintegrati) durante la precedente commissione di metà luglio "perché i primi a dover essere informati di tale volontà erano i dipendenti e non i commissari comunali. Che la situazione economica fosse complessa l’ho riportato alla commissione così come la necessità di tagliare costi fissi", ha spiegato il presidente puntando il dito contro i minori contributi di Regione e Comune. "Quasi 200mila euro – ha aggiunto – che hanno pesato sul bilancio e portato a determinate scelte". Il riferimento è ai licenziamenti.

"La perdita di bilancio del 2022 (oltre 330mila euro ndr) è stata un’occasione per parlare della situazione del Pecci – ha detto ancora –. Il mio obbligo era portare all’attenzione degli enti pubblici la fragilità del museo, che non è cosa di oggi, ma esiste da sempre. Parlare male del Pecci significa parlare male di Prato, invece il compito è trovare soluzioni". Un tema sul quale però non sono arrivate proposte concrete: "È necessario tagliare i costi fissi e aumentare le entrate di privati, ma i finanziamenti pubblici a singhiozzo non invogliano l’entrata di investitori che hanno bisogno di certezze. La mostra appena inaugurata (foto piccola) è stata comunque interamente finanziata da privati". Poi sul direttore Cagol: "Il bonus riconosciuto è stato un premio per le attività di ristrutturazione del museo che il direttore ha iniziato dal 2022".

Infine sul paragone con Palazzo Strozzi Bini Smaghi ha poi chiarito: "Sono serviti 16 anni perché avesse un utile, il Pecci ha bisogno di tempo". Quanto? Il presidente del cda ha parlato di "almeno cinque anni". Basteranno?

Silvia Bini