
Incoraggiò la pubblicazione di un libro sul musicista missionario e ne scrisse la prefazione "La storia del compositore come parte della sua vita". E il pratese Giacomelli suonò per lui.
"L’esempio che il giovane Zipoli ci ha offerto, sebbene vissuto nel XVIII secolo, resta attuale per le nuove generazioni. Ha compiuto una meravigliosa opera di evangelizzazione". Lo scrive papa Francesco, nella prefazione a Il sogno musicale di un Paradiso in Terra, il libro del musicologo Sergio Militello dedicato al compositore pratese, che a inizio ’700 lasciò il successo in Italia per seguire i gesuiti nelle missioni del Sudamerica. Il volume è stato pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana nel 2018, proprio su incoraggiamento del pontefice. Bergoglio amava Zipoli, che in America latina è molto conosciuto. A Cordoba, in Argentina, il musicista pratese visse gli ultimi otto anni della sua breve vita nel Noviziato della Compagnia di Gesù, lo stesso di cui Papa Francesco è stato direttore spirituale e confessore. Il legame con i gesuiti, la musica, l’America latina, la parola di Dio, le missioni: sono tanti i fili che si intrecciano fra Zipoli e Bergoglio. "Il Papa sente la storia di questo compositore come parte della propria vita", disse all’uscita del libro Militello, che è anche docente di teologia della musica alla Pontificia Università Gregoriana.
La figura del compositore pratese è stata riscoperta negli ultimi 50 anni, dopo il ritrovamento di un importante corpus di sue opere avvenuto nel 1972, in un luogo remoto della Bolivia. Viene considerato uno dei più importanti organisti italiani. Nacque il 17 ottobre 1688 da una famiglia di contadini, a 19 anni ottenne una borsa di studio che gli permise di studiare musica a Firenze. Si trasferì poi a Roma e a Napoli, dove frequentò la scuola di Scarlatti, e di nuovo nella capitale, dove nel 1716 pubblicò le Sonate d’Intavolatura per Organo e Cimbalo, destinate a segnare la storia della musica del ’700 italiano. Nonostante la prestigiosa nomina a organista della chiesa del Gesù di Roma, sempre nel 1716 decise di cambiare vita: lasciò l’Italia per l’Argentina al seguito di una missione dei padri gesuiti. A Cordoba, alle falde della cordigliera andina, frequentò il Colegio Maximo, l’istituto gesuitico in cui studiavano i novizi. E si dedicò alla musica. In quelle terre remote gli indios sapevano suonare arpe, violini, fiati e cantavano la polifonia, imparando tutto per imitazione. Zipoli istruì tanti allievi e compose lavori che venivano inviati in altre città: a Lima il viceré del Perù reclamava le sue partiture, che gli venivano inviate con messi speciali. Diventò il compositore più famoso dell’America meridionale. Con la sua musica portava fede e bellezza tra le persone, superando ogni barriera. Morì a 37 anni il 2 gennaio 1726, probabilmente di tubercolosi. La sua tomba non è mai stata trovata.
A Prato il "custode" dell’arte di Zipoli è Gabriele Giacomelli, organista di fama, docente del conservatorio di Bologna, ideatore e direttore artistico del festival che dal 1998 ogni due anni ripropone al pubblico la musica immortale del maestro pratese. Nel novembre 2015 proprio Giacomelli fu chiamato a suonare per papa Francesco nel Battistero di San Giovanni a Firenze. Musica di Zipoli naturalmente: la Sarabanda in Sol minore, la Canzona in Do maggiore e la Folias. Non solo. Fra i doni che il pontefice ricevette in occasione della sua visita a Prato e a Firenze c’era anche Domenico Zipoli, un musicista tra gli Indios, il film documentario girato nel 2008 dal regista pratese Massimo Luconi, con la collaborazione dello stesso Giacomelli. Infine, furono partiture di Zipoli le ultime suonate in pubblico da uno dei più grandi organisti di tutti i tempi, il maestro olandese Gustav Leonhardt, scomparso nel gennaio 2012 a 84 anni. Tenne infatti a Prato il suo ultimo concerto, nel novembre 2011, per il Festival Zipoli: all’antico organo della Cappella del Sacro Cingolo in Duomo eseguì la Pastorale natalizia e la Canzona in Re minore. Fu una serata indimenticabile.