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"Ricorreva il febbraio 1996 quando da presidente della commissione consiliare ‘Prato città sicura’, in occasione di un convegno organizzato dal Comune con la presenza di diversi imprenditori cinesi, lanciai il primo allarme sulla presenza della mafia cinese a Prato. Gli stessi allarmi furono lanciati, sempre dal sottoscritto, anche negli anni successivi. Da una certa parte della sinistra questa mia preoccupazione non è mai stata presa sul serio, anzi dava molto fastidio". L’ex assessore comunale Aldo Milone, ora responsabile regionale del dipartimento sicurezza e immigrazione di Forza Italia, si batte da decenni sul fronte della legalità. Ed è stato uno dei primi a parlare di mafia in riferimento alle organizzazioni criminali cinesi presenti sul territorio. Una definizione, quella di associazione di tipo mafioso, che ora trova riscontro anche nella relazione del procuratore generale alla corte d’Appello di Firenze, Marcello Viola.
Milone, cosa pensa di questa relazione?
"Che mi rende giustizia dopo 30 anni. Quando ero assessore mi lanciavano accuse di razzismo perché ero un fautore dei controlli nelle aziende cinesi. Tra l’altro io facevo presente che in città si erano insediati anche organizzazioni mafiose italiche come camorra, mafia e ‘ndrangheta, che trovavano un collegamento con la mafia orientale".
Da assessore ha spinto molto sul contrasto all’evasione e al lavoro nero...
"Sono due temi di cui si parla anche nella relazione del procuratore generale che chiaramente si pronuncia sul sistema di sfruttamento lavorativo soprattutto da parte delle aziende cinesi. Quando ero assessore nella giunta Cenni furono innumerevoli i controlli effettuati nelle aziende orientali con il gruppo interforze".
Il procuratore sottolinea anche il diffondersi del traffico di stupefacenti...
"Lo spaccio delle droghe sintetiche è nelle mani della mafia cinese, mentre il commercio delle altre sostanze stupefacenti è controllato dalla mafia nigeriana in combutta con camorra e mafia".
Perché era così convinto della presenza della mafia cinese?
"I sospetti nascevano dal fatto che l’apertura di diverse ditte cinesi da parte di soggetti che provenivano da alcune regioni non poteva non avere un’organizzazione alle spalle che gestiva il tutto, compreso l’arrivo in Italia della manodopera clandestina. Un altro fenomeno che è stato sottaciuto riguarda il trasferimento in Cina di denaro attraverso i money transfer che negli anni scorsi ha raggiunto cifre considerevoli. Parliamo di diversi miliardi di euro che hanno lasciato il territorio di Prato".
Lei era fautore di un utilizzo differente della Municipale...
"Lo sono tuttora. Serve un maggior presidio del territorio, come vera quarta forza di polizia".
La politica cosa ha fatto per contrastare questi fenomeni? "La politica ha avuto le sue colpe e l’unica giunta che ha posto all’attenzione del governo il caso Prato è stata quella del sindaco Cenni. Le altre hanno soltanto fatto del buonismo".
Ora che fare per bloccare questo fenomeno?
"Bisogna fare in modo che il governo prenda in considerazione le problematiche presenti in città, al di là del numero della popolazione, che ci penalizza nell’assegnazione delle forze di polizia. Se consideriamo questi numeri saremo sempre perdenti rispetto ad altre città con meno problemi di Prato".
Sdb