PRATO
Cronaca

"L’asma può proteggere dal Covid" Nuova scoperta di medici pratesi

La ricerca di un team di allergologi è stata pubblicata su "Allergy", prestigiosa rivista internazionale Farsi: "Tra 270 positivi al virus, solo uno affetto da problemi cronici ai bronchi è finito in terapia intensiva"

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di Sara Bessi

L’asma bronchiale è nemica del Covid-19 e ha dalla sua parte a difesa del soggetto allergico un esercito di eosinofili (cellule immunitarie) che gli fanno evitare l’evoluzione della malattia agli stadi più pericolosi. E’ questa l’interessante scoperta, ipotesi scientifica allo studio del dottor Alessandro Farsi, direttore di allergologia e immunologia di Prato, e della sua equipe in collaborazione con la professoressa Paola Parronchi (Università degli Studi di Firenze) ed il professor Justin Stebbing (Imperial College, Londra, UK). Una ricerca che è stata pubblicata su "Allergy", prestigiosa rivista scientifica dell’European Academy of Allergy and Clinical Immunology.

"Siamo partiti da quello che abbiamo visto nel trattare pazienti affetti da Covid - dice Farsi - Già dalle prime fasi ci siamo resi conto che il numero di soggetti allergici contagiati era basso, contrariamente a quanto si potesse pensare. E si è capito che i meccanismi immunologici dell’asma allergica sono protettivi non tanto sulla infezione, quanto sulla possibile evoluzione in forme respiratorie gravi". Dunque, il punto di partenza è stato l’osservazione dei vari fattori che contribuiscono alla gravità e alla mortalità nell’infezione da Sars-CoV-2. L’asma bronchiale non è risultata presente, nella maggior parte delle casistiche pubblicate, tra i principali fattori di rischio per la malattia né delle forme gravi di Covid-19. Osservazioni preliminari confermate dalla bassa prevalenza di soggetti asmatici tra i ricoverati per Covid-19 a Prato. "Tra gli oltre 270 ricoveri per coronavirus - spiega il dottor Farsi - solo tre pazienti erano affetti da asma bronchiale e di questi, soltanto uno ha avuto necessità di essere assistito in terapia intensiva e ora è guarito. Noi seguiamo normalmente oltre 2500 pazienti asmatici. Ci aspettavamo più infettati: la ricerca si è concentrata sulla seconda fase della malattia, quella che ha un’evoluzione più grave ed è strettamente immunologica. Anche studi cinesi confermano questa bassa prevalenza di pazienti allergici asmatici, noi siamo andati oltre, valutando i meccanismi immunologici ed abbiamo cercato di capire il perché". Un’indagine che ha impegnato il team del dottor Farsi, diviso fra ricerca scientifica e cura in corsia dei malati Covid positivi, mentre l’epidemia infuriava. "Il nostro campione ha compreso i 2500 pazienti seguiti dall’allergologia oltre agli oltre 270 ricoverati per Covid-19 in ospedale - aggiunge Giulia Carli, specialista in allergologia e immunologia-. Il nostro obiettivo è stato di capire quanti di questi pazienti allergici si sono infettati e quanti soggetti con asma hanno avuto delle riacutizzazioni confrontando i dati anche con precedenti epidemie influenzali".

L’ipotesi studiata dagli allergologi sulle possibili ragioni di un effetto protettivo delle risposte immunitarie tipiche dell’asmatico allergico sulla evoluzione dell’infezione parte dalla ridotta produzione di interferoni da parte di cellule del sistema immunitario che è tipica di questi soggetti. Si presuppone, infatti, che elevati livelli di interferoni contribuiscano in modo determinante alla evoluzione nelle forme più gravi di Covid-19.

"L’ipotesi che abbiamo formulato - spiega Farsi - è che nei soggetti con asma allergico è ipotizzabile un ruolo protettivo da parte di cellule immunitarie note come eosinofili che sono presenti a livelli più elevati essendo espressione dell’infiammazione di tipo 2 presente in oltre il 50% dei casi di asma. L’osservazione di bassi valori periferici di eosinofili nei casi gravi di Covid-19 evidenzierebbe un possibile ruolo protettivo di tali cellule nei polmoni infettati". C’è poi un’altra ipotesi a favore degli asmatici: "L’uso regolare di farmaci inalatori a lunga durata d’azione potrebbe avere un effetto antinfiammatorio e antivirale, come già suggerito anche in altri studi", dice Carli. Infine, nonostante che i coronavirus, al pari di altre infezioni respiratorie virali, potrebbero essere causa di riacutizzazioni di asma, lo studio pratese ha rilevato che questa particolare immunità, tipica di una elevata percentuale di forme di asma, possa controbilanciare gli effetti negativi delle risposte immunitarie con alta produzione di interferone, deleterie nelle forme gravi di Covid-19.

"Il prossimo obiettivo - ha spiegato Daniela Matarrese, direttrice del Santo Stefano - è di approfondire il progetto attraverso la partecipazione ad un bando regionale (avrà una durata di 18 mesi, ndr) su studi epidemiologici. E’ importante lo studio dei meccanismi attraverso i quali il virus attiva il nostro sistema immunitario. In questo modo possiamo calibrare anche terapie adeguate". Infine, Giancarlo Landini, direttore del Dipartimento specialistiche mediche dell’Asl centro ricorda "come nei nostri ospedali sono stati circa 1.500 i pazienti ricoverati con Covid-19 in fase acuta". Il segreto per un buon risultato è stato "un approccio assistenziale multidisciplinare con tante specialistiche". E ricorda che da pochi giorni è stata fatta una delibera per l’attivazione entro luglio degli ambulatori di follow up. "I pazienti che sono stati ricoverati in terapia intensiva e nei reparti Covid-19 saranno richiamati per eseguire una serie di controlli. Utilizzeremo criteri comuni e i dati scientifici".