I dipendenti della pelletteria Lin Weidong a Seano sono dieci o dodici e quattro di loro, di nazionalità pachistana, ieri erano al picchetto organizzato dal sindacato Sudd Cobas in via Galilei, davanti alla ditta. I dipendenti, hanno raccontato, non sono tutti pachistani ma ci sono anche cinesi, che lavorano per i connazionali a ritmi non più sostenibili. In questa fabbrica si effettua un lavoro di assemblaggio, il confezionamento delle cinture e attaccare i bottoni alle borse quindi non ci sono fra loro pellettieri specializzati. Il distretto artigianale di Seano, costituito all’80% da imprese gestite da cittadini di nazionalità straniera, da oltre un anno vive una situazione di fibrillazione sempre per lo stesso motivo e cioè turni di lavoro massacranti. I picchetti alla "Acca", un corriere di via Copernico che occupa lavoratori extracomunitari, anche questi culminati nelle aggressioni, sono andati avanti per mesi e solo di recente si è giunti alla contrattualizzazione dei dipendenti. La Acca è dalla parte opposta alla Lin Weidong e la storia ora ricomincia. "Questi ragazzi – spiega Riccardo, dei Sudd Cobas – abitano in zona Tavola, San Giusto e nessuno ha potuto portare la famiglia in Italia perché vivono in condizioni precarie. Uno è inquadrato come apprendista. Non ci sono mai stati controlli dell’Ispettorato del lavoro né della Guardia di Finanza e se qualche forza di polizia ha suonato il campanello, la ditta non ha aperto. Temiamo per la loro incolumità perché prima o poi anche loro quattro saranno aggrediti...". Al picchetto di ieri sono arrivati il sindaco di Carmignano Edoardo Prestanti e il vicesindaco Federico Migaldi per portare solidarietà ai lavoratori in sciopero. "L’Italia – ha detto Prestanti – sta diventando il nuovo Bangladesh perché lavorare 12 ore al giorno è come essere in quel Paese. E’ intollerabile che lavoratori in sciopero siano aggrediti. Come fatto già in passato, chiederò al prefetto di convocare un tavolo sulla sicurezza. Non si può stare in silenzio di fronte a questo modo di sfruttare il lavoro. Occorre una reazione, anche delle istituzioni, e di chi ha la responsabilità di verificare le condizioni di lavoro. C’è ormai una tendenza a comprimere i diritti dei lavoratori e rendere sempre più precario il mondo del lavoro". Secondo Prestanti però è giunto il momento di fare una riflessione: "La maggior parte della produzione di abbigliamento di queste aziende – ha aggiunto il sindaco – il fast fashion, viene venduto nella grande distribuzione o sui mercati a prezzi irrisori. Iniziamo a farci della domande quando si acquista una maglietta a 2 euro: chi confeziona questi capi? Questo non è made in Italy". Il sindacato ha organizzato per domenica alle 17,30 una manifestazione antimafia con concentramento in via Galilei.
M. Serena Quercioli