REDAZIONE PRATO

Le foglie del Duomo I tesori riscoperti grazie al restauro

L’intervento di pulizia ha fatto riemergere le figure realizzate dagli scalpellini del 1400 per coprire le imperfezioni della pietra.

Le foglie del Duomo I tesori riscoperti grazie al restauro

Dal 31 di marzo la Cattedrale di Santo Stefano potrà essere ammirata dai pratesi senza più quelle impalcature, che sono state necessarie per il restauro delle facciate. Ad essere liberate dagli ultimi ponteggi sono la facciata laterale e quella posteriore con l’abside. Rimane installata ancora per qualche tempo, ma solamente per quanto si rivelerà indispensabile, la porzione di impalcature che chiude il campanile. La Soprintendenza e la direzione lavori hanno chiesto alla Piacenti spa, l’azienda pratese che sta eseguendo i lavori sostenendo il finanziamento con il bonus facciate, di mettere in sicurezza una colonna verde di Prato nella bifora più bassa ed un capitello in pietra arenaria nella bifora più alta. Insomma, ormai siamo agli sgoccioli di un intervento che la Piacenti ha portato a termine in tempi rapidi e che hanno permesso di scoprire o riscoprire curiosità che fanno alzare volentieri lo sguardo verso l’alto. Sulle pareti esterne della Cattedrale di Santo Stefano ci si può imbattere non soltanto nelle scritte evidenti nella facciata principale, ma anche scritture in quella laterale e leziose foglie di alberi scolpite nelle pietre dell’edificio sacro. Una foglia di quercia si vede nella parete laterale, mentre una foglia di fico nella parte posteriore, vicino all’abside: immagini di cui si conosceva l’esistenza, ma che erano poco visibili dal basso per via dello sporco del tempo e dell’inquinamento, adesso rimossi grazie all’intervento di restauro.

"Si tratta di foglie che con molta probabilità sono state realizzate dagli scalpellini del 1400 per ’nascondere’ - spiega l’architetto Francesco Risaliti, direttore tecnico dei lavori per la Piacenti - dei difetti della pietra in modo tale da ottenere comunque il pagamento di quel concio di alberese".

Sara Bessi