Le lunghe ferie del tessile in stallo. Tanti chiuderanno per un mese

Aziende ferme dal 2 agosto al 2 settembre: non accadeva da anni che la produzione si fermasse così a lungo. I sindacati: "Situazione complicata". E per settembre-ottobre ci sono già richieste di cassa integrazione.

Le lunghe ferie del tessile in stallo. Tanti chiuderanno per un mese

Uno stand di un’azienda tessile a Milano Unica

Un 2022 positivo, un 2023 di consolidamento, un 2024 di difficile lettura. Il tessile-abbigliamento non fa eccezione e soffre delle pressioni esercitate dal contesto generale: la volatilità macroeconomica internazionale, l’inflazione crescente, i tassi di interesse elevati e l’incremento dei prezzi, che portano a un calo del potere d’acquisto dei consumatori e di conseguenza allungano le ferie del distretto. Non accadeva da tempo che le aziende tessili decidessero di abbassare la saracinesca i primi giorni di agosto per rialzarla a settembre né tanto meno che i mesi di giugno e luglio venissero sfruttati per le manutenzioni a capannoni e macchinari piuttosto che per la produzione.

Un fatto sottolineato recentemente anche da Moreno Vognolini, presidente nazionale della Federazione Moda di Confartigianato: "Ci sono preoccupazioni per il mondo terzista soprattutto per quanto riguarda alcune fasi di lavorazione. La dice lunga constatare che molte filature cardate abbiano fatto manutenzione tra giugno e luglio. Non accadeva da molti anni".

È l’estate 2024 del distretto pratese costretto a fare i conti con un -7,8% di produzione del primo trimestre 2024 nel confronto con lo stesso trimestre del 2023. Il trend è generalizzato: mancano gli ordini consistenti, quelli in grado di far girare ininterrottamente i telai e così la scelta più saggia è chiudere per ferie.

Soprattutto il comparto della nobilitazione ha costi elevati, tenere aperto senza un ritorno economico è un boomerang tanto che in molti abbasseranno la saracinesca venerdì 2 agosto per rialzarla lunedì 2 settembre. Un intero mese di ferie che la Prato del tessile ha conosciuto solo in rarissime occasioni.

E non è tutto, in vista di settembre sono già numerose le aziende manifatturiere che hanno messo le mani avanti facendo richiesta di cassa integrazione. Dalle 4 alle 6 settimane per i mesi di settembre e ottobre. Sono ancora gli effetti del calo registrato dal Centro studi di Confindustria Toscana Nord nel primo trimestre 2024: "In parte questi risultati possono essere imputati alle conseguenze dell’alluvione di novembre, anche se questa ha indubbiamente continuato a far sentire i suoi effetti anche nei mesi successivi e tuttora non può dirsi un capitolo del tutto chiuso", aveva sottolineato la vicepresidente di Confindustria Toscana Nord Fabia Romagnoli.

"Il settore moda è in difficoltà da tempo - interviene Juri Meneghetti Filctem Cgil -. Tante aziende tessili chiuderanno per la pausa estiva per tre o quattro settimane e anche per la riapertura ci sono già richieste di cassa integrazione. Anche da parte di imprese strutturate".

Trend confermato da Ingrid Grasso, Femca Cisl: "Monitoriamo l’andamento del distretto che vede molte ombre - dice -. Le settimane pre ferie sono state utilizzate per le manutenzioni perché le produzioni sono in stallo. E anche per settembre abbiamo diverse richieste di cassa integrazione. Gli ammortizzatori sociali sono validi strumenti per affrontare situazioni difficili in cui si possono, purtroppo, trovare lavoratori e lavoratrici. L’artigianato in questo senso ha possibilità più limitate rispetto all’industria che può fare affidamento su maggiori strumenti, ci auguriamo che a livello centrale ci sia un incremento agli ammortizzatori sociali anche per i lavoratori del comparto artigiano". Intanto gli occhi di associazioni di categoria, imprenditori e sindacati sono puntati al 6 agosto quando a Roma è in programma il Tavolo della moda convocato dal ministro Urso. Spingere sul Made in Italy può rappresentare la chiave di volta per la salvezza del comparto e delle fasi di lavorazione.

Silvia Bini