Il disastro di Calenzano ha riaperto il dibattito sul futuro della Piana della Toscana centrale in cui Prato ha un ruolo più che fondamentale. "Oltre e più che discutere sul passato, per usare il presente come occasione di battaglie politiche elettorali - basti pensare a cosa avviene quando ci sono alluvioni - confrontiamoci sulle priorità e sugli strumenti per realizzarle. La programmazione è fondamentale ma contenuti e modalità non sono eterne. Lo smantellamento concettuale e pratico della programmazione è stata opera della destra. Purtroppo il centrosinistra ha finito spesso per adeguarvisi nei governi regionali e locali" ammonisce Vannino Chiti, già presidente della Toscana, ex sindaco di Pistoia ed ex ministro. Uno dei grandi saggi del centrosinistra.
Chiti, dopo il disastro di Calenzano si è aperto un dibattito sul futuro dell’area. "Non solo l’area centrale della Toscana, di cui Calenzano è parte, ma tutta la regione richiedono politiche nuove di indirizzo programmatico. Ripensare le funzioni e la loro dislocazione, le comunicazioni tra aree, la messa in sicurezza dei territori. Siamo in una nuova epoca. Se la politica non compie analisi e avanza proposte che ne tengano conto, i cambiamenti precederanno le scelte e l’azione di governo inseguirà o predicherà al vento. Deve guidarci la transizione ecologica, da conciliare non fare essere alternativa allo sviluppo: ne derivano la messa in sicurezza del suolo; l’esigenza di non consumare territorio ma incentivare le ristrutturazioni. Sono solo due esempi ma il compito è di questa portata".
È possibile che si siano aperti gli occhi solo in seguito a una tragedia che si è portata via cinque lavoratori? "Chiediamoci: perché a livello nazionale si sono smantellati gli accordi di programma o meglio si sono ridotti a interventi tra governo centrale e ogni singola regione, in cui sfugge il quadro d’insieme, le priorità al cui interno si deve svolgere la cooperazione Stato centrale-Regioni- Autonomie locali? Si è preteso di inserire nelle regole degli accordi o del sistema per l’emergenza ambientale le grandi opere infrastrutturali per sottrarle ai controlli. Su questo la responsabilità è stata della destra. Il centrosinistra ci ha aggiunto l’irrilevanza delle provincie, città metropolitane abnormi e in genere non efficaci. Un ruolo minimo, è un eufemismo, dei partiti. L’insieme di queste scelte ha prodotto un muoversi Comune per Comune, che rende impraticabile la necessaria programmazione per area vasta. Si avverte, ritengo, questo limite ma anziché muoversi insieme sulla riforma delle istituzioni, in Italia, come vede, si ama continuare con le contrapposizioni. Lo ha fatto il centrosinistra nel 2001, la destra nel 2005, il centrosinistra nel 2016, di nuovo la destra oggi con l’Autonomia differenziata. Come si dice, errare è umano, perseverare...".
L’area Firenze-Prato-Pistoia è stata governata prevalentemente dal centrosinistra. C’è da fare mea culpa? "Non è esatto dire che quest’area sia stata governata sempre dal centrosinistra prima degli anni di Tomasi, coordinatore regionale di Fratelli d’Italia e sindaco di Pistoia. Firenze, città fondamentale ha avuto coalizioni e sindaci espressi dal pentapartito. Prato ha avuto un sindaco di destra, Cenni. La destra amministra Pistoia dal 2017. Al di là delle collocazioni in maggioranza o all’opposizione si sceglie la programmazione come asse del governo? Si dà un contributo a ridefinirla in una nuova fase?".
Aeroporto in via di sviluppo, due autostrade, linea ferrata lenta, si parla da anni di metrotram. Qui si produce il pil toscano. Ma non c’è equilibrio tra funzioni, servizi e infrastrutture. Come uscirne? "Vero: qui si addensano tante funzioni. Per impostare un riequilibrio dell’area bisogna avere un progetto condiviso, realizzarlo con la gradualità necessaria, attuando con coerenza non con strappi ed eccezioni. Il progetto deve essere regionale: si deve guardare all’area della costa, al porto di Livorno, all’aeroporto di Pisa, al sud della Toscana. Altrimenti non si ha riequilibrio, sicurezza, sviluppo sostenibile, lavoro. Un compito fondamentale spetta alla Regione".
Quale lo strumento mettere in campo per trasformare la Piana in un territorio sostenibile, moderno, all’altezza del terzo millennio? "E’ fondamentale un tavolo. Bisogna prima di tutto avere idee chiare, fissare politicamente le grandi priorità. Su questa base chiamare a dare un contributo le varie competenze. Coinvolgere nel tavolo sindacati, organizzazioni della piccola impresa dell’artigianato, del commercio, cooperazione, confindustria, università. È un compito grande e necessario. Per vincere la sfida è indispensabile una partecipazione consapevole e generale, delle persone non solo dei territori. Chiamare all’impegno, avere obiettivi chiari e rigorose coerenze. Se si dice sviluppo sostenibile ed equilibrato, lavoro, transizione ecologica, welfare, i fatti devono corrispondere alle parole".
Le elezioni regionali potranno essere un’occasione di proposta o assisteremo solo a slogan acchiappavoti? "Spero che le prossime elezioni regionali vedano un confronto nel merito di 4-5 grandi scelte di governo per la Toscana. Anche perché la Regione non è un Super Comune o una Super Provincia. Ha un ruolo di programmazione per governare il suo territorio e confrontarsi nel merito con lo Stato centrale. Se si procederà con facili slogan, temo che il risultato sarà una bassa partecipazione al voto. Si riflette poco sulla percentuale dei votanti. Eppure è uno dei segnali della fiducia tra cittadini, politica, istituzioni. Le esibizioni da politica spettacolo non riconquistano le classi popolari né i giovani. Meno che mai restituiscono alla politica prestigio e autorevolezza".
Luigi Caroppo