Maristella Carbonin
Cronaca

L’ex imprenditore: “Così ho battuto la cocaina. Spendevo anche mille euro alla settimana”

La storia di Andrea Giorgetti è finita anche su Rai Uno

Andrea Giorgetti

<p>Andrea Giorgetti</p>

Prato, 10 aprile 2023 – «Sono arrivato a spendere anche mille euro a settimana per la droga. Ero ricco. Pensavo di essere ricco. Invece la droga ti toglie tutto. Soprattutto la dignità». C’è un prima e un dopo, nella vita di Andrea Giorgetti, pratese di 51 anni. E la linea, il confine, è una striscia bianca. Bianca di un candore bugiardo. Quello della cocaina. Andrea è stato un imprenditore. E’ stato un tossico. Oggi, invece, è solo Andrea, ripulito, rinato grazie agli anni passati nella Comunità Cenacolo fondata da suor Elvira Petrozzi. Non se ne è più andato. Andrea oggi, per il Cenacolo, è il responsabile della fraternità Buon Samaritano, struttura alla periferia di Roma, visitata da papa Francesco lo scorso anno. Ha raccontato la sua storia anche su Rai Uno, nella trasmissione «A sua immagine».

Andrea, aveva due aziende, stava bene. Perché drogarsi?

«Sì, avevo due piccole aziende di maglieria. Una a San Giusto e una a Montale, in provincia di Pistoia. Avevo 19 anni quando ho iniziato a drogarmi. Tutti pensavano che farsi di cocaina fosse una cosa da ‘grandi’. Insomma, non era l’eroina. La cocaina allora se la poteva permettere solo chi aveva i soldi».

Ed è entrato nel tunnel della dipendenza.

«Sì, le dipendenze creano all’inizio belle sensazioni. Ma fanno perdere totalmente la dignità, tirano fuori il peggio. Ero diventato bugiardo, solo, depresso. Ho distrutto di fatto il mio lavoro, ho perso tutto. Pensi, una volta sono arrivato a vendere a un caro amico di famiglia 9mila maglie bucate. Bucate. La droga fa perdere totalmente la dignità».

Fino ai 31 anni è stato dipendente dalla cocaina. Quale il primo passo per uscirne? «All’epoca avevo una fidanzata. Una mattina ero totalmente disperato. Lei mi ha incrociato sul ponte ad Agliana. Mi ha tagliato la strada con l’auto e mi ha detto: Andrea, conosco un posto dove ti possono aiutare. Mi ha accompagnato a Livorno. Dove c’era una sede della Comunità Cenacolo».

In quel momento ha voluto farsi aiutare. Salvarsi.

«Sì, il desiderio di cambiare vita è stato fondamentale. Ho scelto di farmi aiutare perché non sapevo vivere il presente. Lì ho trovato persone che mi hanno aiutato dicendo: inizia a vivere l’oggi, ce la farai. Primo ero morto, ora sono felice. Non mi sono mai sentito giudicato. Mi hanno tolto l’orologio, il telefono, tutto. Mi hanno dato delle regole, facevo lavori manuali, alla sera andavo a letto stanco. Si pregava anche tanto. Ma la fede, quella non ce l’avevo. È venuta dopo».

Di fatto da allora non hai mai lasciato la Comunità.

«Esatto. Qui ho anche conosciuto mia moglie, anche lei ex tossicodipendente, e abbiamo due bambini di 5 e 6 anni. Un dono immenso. Oggi sono il resposanbile di questo centro. Proviamo ad abbracciare chi arriva, come hanno fatto con noi. Vedo tanta disperazione, ragazzi lasciati a loro stessi, senza lavoro, senza nulla. Io vivo vicino al Serpentone, dove c’è spaccio 24 ore al giorno. Ci sono ragazzini di 13 e 14 anni a caccia di 5 euro per una dose di crack».

Come li aiutate?

«Bisogna impare non solo a vedere il bello, ma a fare il bello. La vita di Dio ci aiuta. Imparare a vivere davvero il messaggio di Dio. La mia fede è come quella di madre Elvira, una fede pratica, spiccia. Le giornate qui iniziano con la preghiera, poi facciamo lavori di ogni tipo, muratura, lavoretti in casa, traslochi. Ora siamo in 25 in casa. Prendiamo chi Dio ci manda».

Non abita a Prato dal 2002. Ma ci torna ogni tanto?

«Sì, ero lì anche due giorni fa. Ma non ci torno volentieri. La trovo sempre peggio. Vecchia, ferma, abbandonata. Una città che ha vissuto troppo il benessere degli anni Novanta. Oggi mi sembra una città arresa. Vedo tanti di quelli che erano i ragazzi della mia età, alcolizzati, fissi nei bar. Ma bisogna pensare che c’è speranza».