REDAZIONE PRATO

L’idea di Diletta Pizzicori e Chiara Mannocci

Tumulazione di Malaparte, 19 luglio 1961: appello della Lazzerini alla città per non disperdere le memorie. Un evento con centinaia di persone: così fu esaudito il desiderio del grande pratese. La cronaca della Nazione.

Tumulazione di Malaparte, 19 luglio 1961: appello della Lazzerini alla città per non disperdere le memorie. Un evento con centinaia di persone: così fu esaudito il desiderio del grande pratese. La cronaca della Nazione.

Tumulazione di Malaparte, 19 luglio 1961: appello della Lazzerini alla città per non disperdere le memorie. Un evento con centinaia di persone: così fu esaudito il desiderio del grande pratese. La cronaca della Nazione.

di Anna BeltramePRATOE vorrei avere la tomba lassù, in vetta allo Spazzavento, per poter sollevare il capo ogni tanto e sputare nella gora gora profonda del tramontano. Malaparte lo scrisse in Maledetti Toscani pubblicato nel 1956, morì un anno dopo, il 19 luglio, alla clinica Sanatrix di Roma, dove la sua camera per mesi divenne un crocevia di personaggi famosi e gente comune (Togliatti il giorno della sua morte fu il primo ad arrivare battendo sul tempo Fanfani, ma non lo fecero entrare). A Prato il feretro giunse due giorni dopo e fu accolto all’alba in palazzo comunale con tutti gli onori, prima delle esequie in Duomo davanti a una folla di pratesi. Ma il desiderio di Curzio era quello di poter guardare tutto e tutti dall’alto, nel cielo di Spazzavento. E Prato, a cominciare dal sindaco (e amico) Roberto Giovannini, lo esaudì. Nel quarto anniversario della morte, il mausoleo accolse le sue spoglie, nel frattempo custodite nella cappella della famiglia Nocchi, al cimitero della Chiesanuova: fu una giornata storica per la città, a cui parteciparono centinaia di persone e di cui restano vive ancora le ultime memorie dirette. Per questo ieri la Lazzerini ha lanciato un altro progetto, nato da un’idea di Chiara Mannocci e Diletta Pizzicori, studiose dell’associazione Curzio Malaparte pratese nel mondo. E’ una chiamata alla città per raccogliere testimonianze fotografiche di quel 19 luglio 1961: l’idea è creare un archivio popolare, che arricchisca il fondo già esistente dedicato a Malaparte. La prima tappa sarà una mostra del materiale raccolto, che sarà allestita in biblioteca fra giugno e luglio.

La cronaca di quella giornata è anche la pagina della Nazione del 20 luglio. Non era facile impresa arrivare col feretro lassù. "E’ stata un’ascesa faticosa, fatta a rilento: poi, conquistata la cima, tutto è apparso logico, geniale, costituito da un senso di alta spiritualità e di libertà", annotò il cronista (anonimo, all’epoca le firme non erano d’uso). Di primo mattino, la salma venne portata in corteo dal cimitero a piazza Duomo: il carro funebre della Pubblica Assistenza arrivò davanti alla stazione del Serraglio, dove ad attenderlo c’erano le autorità, poi attraversò via Magnolfi seguito dal plotone d’onore, dai familiari e dagl amici più cari, in mezzo alle ali di folla che si era radunata per l’evento. I negozi intorno tutti chiusi in segno di lutto. La salma venne deposta davanti all’ingresso della cattedrale, tra gli squilli delle chiarine e i rintocchi delle campane. Il vescovo Fiordelli impartì la benedizione. Poi il viaggio verso lo Spazzavento, in corteo da piazza Ciardi, via Bologna, via di Cantagallo, e poi Figline e Cerreto, con tanti pratesi ad aspettare ai lati delle strade. "Un’organizzazione perfetta", scrisse la Nazione. Terminata la strada in fondo alle Coste, la parte più difficile del cammino: il feretro fu spostato su una campagnola dell’esercito, seguita a piedi da trecento persone, lungo l’impervia salita "su questo monte acuto e bizzarro, aspro e sospettoso, su cui Malaparte ha ostinatamente voluto, detto e scritto, giungere a riposare per sempre".

Raggiunta la vetta, le parole del sindaco Giovannini e dell’amico scrittore Armando Meoni. Poi la salma venne adagiata nella fossa sotto il masso di travertino del mausoleo, tra le preghiere e il suono delle chiarine. "Sono le 9.56, il primo colpo di un pezzo d’artificio espolde in aria, poi un secondo, e un terzo, eccheggiando nella fonda valle, annuncia che il pietoso rito della tumulazione di Curzio Malaparte è avvenuto".