Prato, 5 gennaio 2023 - Colpevoli, con le loro condotte omissive, della morte della giovane operaia Luana D’Orazio. Quel tragico incidente si poteva evitare. Non c’è dubbio per il giudice Francesca Scarlatti che nei giorni scorsi ha depositato le motivazioni della sentenza che ha condannato Luana Coppini, titolare dell’Orditura srl di via Garigliano a Montemurlo dove Luana D’Orazio è morta stritolata da un orditoio il 3 maggio 2021, a due anni e il marito, Daniele Faggi, amministratore di fatto della società della moglie, a un anno e mezzo (ovviamente pena sospesa per entrambi, erano difesi dgli avvocati Barbara Mercuri e Alberto Rocca). La sentenza è stata pronunciata il 27 ottobre. Nelle motivazioni (in tutto 17 pagine) il giudice ha rimesso insieme tutti gli elementi che hanno portato i due imputati a dover rispondere non solo di omicidio colposo ma anche di omissione dolosa delle cautele antinfortunistiche.
A processo ordinario resta il tecnico Mario Cusimano, indicato dai due titolari dell’Orditura srl come colui che avrebbe materialmente eseguito i lavori sull’orditoio a cui la ragazza lavorava nel reparto di campionatura. E dove "veniva lasciata sola", sottolinea il gup. "Coppini e Faggi hanno cooperato nel creare una situazione di grave pericolo per l’incolumità della D’Orazio – si legge nelle imputazioni – che, in ragione della mancata attivazione della saracinesca anteriore (che rimaneva alzata), accedeva alla zona di insabbiatura nel momento in cui l’orditoio lavorava in modalità automatica, così avvicinandosi alla brida sporgente che, in assenza di protezioni, si impigliava ai vestiti della dipendente in tre punti diversi (ai fuseaux, alla maglietta e alla felpa) e che, ruotando a una velocità di 25 metri al minuto, riusciva a trascinare, tra la fiancata della macchina e la flangia del subbio, la lavoratrice che veniva fagocitata nel macchinario facendo in esso almeno quattro giri".
Il giudice ripercorre, citando la relazione tecnica del perito nominato dalla Procura, le manomissioni effettuate sul macchinario, volute da Coppini e Faggi. Manomissioni che hanno causato la morte della ragazza. Dagli accertamenti è emerso che "la funzione di sicurezza della saracinesca era stata disabilitata per cui l’operatore poteva accedere alla zona pericolosa, anche in modalità automatica, senza alcuna protezione. La disabilitazione era stata fatta da tempo ed era presente anche su un’altra macchina non coinvolta nell’infortunio mortale". Il giudice inoltre pone l’accento sul fatto che "l’azienda usava l’orditoio in maniera non conforme a quanto previsto dal costruttore". "In particolare utilizzava – prosegue – un sistema di comando brida-menadrida provvisto di una staffa fortemente sporgente anziché uno con una superficie esterna liscia come previsto e fornito dal costruttore, senza mitigarne il rischio che gli abiti dei lavoratori potessero rimanervi impigliati mediante carter o altri mezzi. Questi due elementi di rischio si sono drammaticamente concretizzati nell’infortunio mortale della giovane D’Orazio".
Per il giudice è chiaro, come emerge dalle indagini, che le diverse manomissioni siano state fatte per "massimizzare la produttività a discapito della sicurezza dei lavoratori". Una massimizzazione che è stata calcolata nell’8%: "il lavoratore accedeva alle parti in movimento della macchina in maniera più celere ma estremamente pericolosa".
Il gup ha ritenuto congrua la proposta di patteggiamento (anche il calcolo della pena) tenendo presente la condotta processuale dei due imputati, che si sono fatti interrogare in fase di indagini preliminari, che si sono adoperati perché i familiari della ragazza avessero un risarcimento congruo in tempi rapidi (un milione e 100.000 euro in favore della madre, del padre, del figlio e del fratello), abbiano adempiuto alle prescrizioni dell’Asl per mettere in sicurezza i macchinari. Oltre al fatto che Faggi abbia ammesso le proprie responsabilità mettendole per scritto.