Prato, 15 febbraio 2025 – Luana D’Orazio è la numero 185 nel triste elenco dei morti sul lavoro, che trasforma le vite umane in numeri. “Luana il 3 maggio del 2021 è stata catalogata come la vittima numero 185 e non eravamo neppure a metà anno”.
A parlare è Emma Marrazzo, la combattiva mamma di Luana, nel giorno in cui il Comune di Montemurlo ha deciso di intitolare una strada, alla figlia stritolata dall’orditoio al quale stava lavorando in un’azienda di Oste. Emma racconta cosa si prova a veder morire una figlia di 22 anni, a salutarla la mattina per non vederla mai più.
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Il 3 maggio 2021 era la festa patronale di Montemurlo. Era festa a casa D’Orazio perché era il compleanno di mamma Emma, la torta nel frigorifero e quella tragica telefonata che ha cambiato la vita non solo della famiglia di Luana, ma di tutta la comunità rimasta scossa e atterrita.
“Ricordo quando mi chiamarono per avvertirmi che c’era stato un incidente sul lavoro - dice il sindaco di Montemurlo Simone Calamai -, nessuno poteva pensare che si sarebbe rivelato tale con la morte di una giovane mamma. Quel giorno lo ricordo benissimo calò il silenzio, fummo tutti colpiti nel profondo da una tragedia da cui oggi vogliamo partire per lanciare un messaggio affinché le cose cambino. Non si può morire di lavoro, è una battaglia che dobbiamo combattere tutti”.
Da qui prende forza la decisione di accogliere la proposta presentata da una cugina della vittima, di intitolare a Luana una strada della nuova viabilità tra via Aldo Moro e via Livorno. Si tratta di una strada centrale destinata a diventare monito per i 3500 imprenditori che ogni giorno passeranno da quella via e per le migliaia di persone che si troveranno a transitare dal centro del paese. L’intitolazione sarà accompagnata da una targa in memoria di Luana perché resti chiaro e indelebile nel tempo che cosa simboleggia quel nome affisso su quella via.
Il dramma che, a quattro anni di distanza, vivono ancora oggi i familiari di Luana è palpabile: “Non vivo, sopravvivo”, dice Emma mentre gli occhi si riempiono di lacrime, lo sguardo corre lontano alla figlia che non c’è più e al nipote che dovrà crescere senza una mamma.
“Oggi ha 9 anni e inizia a capire cosa è successo - racconta Marrazzo - quando sarà il momento gli spiegheremo e sono certa che la battaglia che oggi conduciamo diventerà anche la sua battaglia. Quando diminuirà il numero dei morti sul lavoro io non starò meglio, ma penserò che Luana non è morta invano”.
E poi la legge, la battaglia di mamma Emma: “La legge deve fare la sua parte, deve indagare e rendere giustizia a chi è morto e a chi resta ed è condannato ad una vita di dolore e lacrime”. Adesso dovrà essere la prefettura a dare il via libera all’intitolazione: “Luana è morta da meno di dieci anni - spiega il sindaco – e per questo è in corso l’istruttoria al termine della quale il prefetto dirà se possiamo andare avanti”.
Luana, grazie anche alla forza della sua famiglia, è diventata simbolo delle morti bianche, il suo nome fu pronunciato dal presidente della Repubblica per auspicare la fine della scia di sangue di chi muore lavorando, oltre ad essere arrivata al cuore di tanti: “Ogni anno a Natale un signore di Milano mi invia un assegno per acquistare un gioco a mio nipote. Non una grande cifra, ma un grande gesto”. Un gesto che dà conforto.
Silvia Bini