Prato, 11 gennaio 2024 – “Si arrampicano sugli specchi. Loro hanno i figli a casa. Io, la mia, non ce l’ho più". Emma Marrazzo, mamma di Luana D’Orazio, l’operaia di 22 anni stritolata dall’orditoio a cui stava lavorando il 3 maggio 2021 all’Orditura srl di via Garigliano a Montemurlo, esce dall’aula di tribunale con gli occhi lucidi. Ieri è cominciato il processo al tecnico manutentore, Mario Cusimano, accusato dalla procura di concorso in omicidio colposo per avere materialmente eseguito la manomissione al macchinario che ha causato la morte della ragazza. La titolare della ditta, Luana Coppini ha già patteggiato (2 anni), come il marito, Daniele Faggi (un anno e mezzo), risultato amministratore di fatto della società intestata alla moglie. Resta la posizione del tecnico che ha scelto di andare a processo.
E’ stata una udienza molto tecnica durante la quale sono stati sentiti i primi testimoni: due tecnici dell’Asl che si sono occupati delle indagini e il perito della procura, l’ingegner Carlo Gini.
E’ un dato assodato che Luana sia morta stritolata dall’orditoio a cui stava lavorando quella maledetta mattina. Come è certo che l’orditoio da campionatura a cui era addetta è stato manomesso in ben tre punti. Stessa alterazione che era stata eseguita a un altro orditoio praticamente uguale a quello che ha ucciso la ragazza. Il punto del processo, però, non è tanto quello di stabilire come sia morta Luana o di accertare la manomissione quanto di capire chi abbia tolto le sicurezza all’orditoio.
La procura è convinta che si stato il tecnico Cusimano la cui ditta – risulta dagli atti – si sarebbe occupata della manutenzione nell’Orditura srl di via Garigliano dal 2018. Di parere contrario l’imputato, difeso dall’avvocato Melissa Stefanacci, che si è sempre dichiarato innocente.
Una parte piuttosto importante della deposizione dei tecnici dell’Asl si è incentrata sul ritrovamento di alcune fatture fra i documenti che vennero sequestrati subito dopo l’infortunio. Alcune erano effettivamente intestate alla ditta di Cusimano, altre riconducibili ad almeno altri due tecnici. Non solo. Alcune delle domande sia delle parti civili, sia del pubblico ministero, Vincenzo Nitti, si sono concentrate sulle competenze che una persona deve avere per eseguire le manomissioni su quel tipo di macchinario. A rispondere è stato direttamente l’ingegner Carlo Gini il quale ha spiegato che ci vogliono competenze diverse, alcune a livello elettrico altre sul piano elettronico (quest’ultime più complesse). La manomissione principale, ossia quella alla saracinesca di protezione che isola il lavoratore dal subbio che gira in modalità veloce, sarebbe stata quella meno difficile da eseguire, per la quale non servono competenze specifiche. Infine è stata posta l’attenzione sulla grande quantità di fili elettrici, pulsantiere e materiale elettrico ritrovato durante la perquisizione, nelle disponibilità di Faggi. "Luana è stata trascinata nel macchinario da una staffa, non a norma, in cui sono rimasti impigliati i vestiti – ha spiegato l’ingegner Gini – mentre l’orditoio viaggiava in modalità veloce, quella durante la quale la saracinesca dovrebbe essere abbassata".
"Nessuno dice che mia figlia ha girato con la testa, il corpo e i piedi per quattro volte in quel subbio su cui si arrotolano i fili – ha detto amareggiata Marrazzo alla fine dell’udienza – I fili colorati del sangue di mia figlia". L’udienza è stata aggiornata a maggio quando saranno sentiti i colleghi di Luana.