A salutare Giuliano Gori, il mecenate del fare che aveva creato il più grande museo all’aperto del mondo in cui le opere dialogano con la natura, c’era tanta parte della Prato nativa, che gli aveva dato la spinta per l’avventura dell’arte e Pistoia che l’aveva accolto nella fattoria di Celle. Quattrocento circa i presenti, con una teoria di macchine dal piazzale antistante la villa, dove una scultura cilindrica in ferro battuto era a ricordarti che da lì cominciava il cammino dell’arte, per arrivare ai viali di accesso e poi ai parcheggi nel verde smarrito del prato. Quasi una contaminazione nel giorno della partenza di Giuliano con un sole dardeggiante e sfrontato a incorniciare il panorama. Arte e natura unite in un abbraccio semplice, eppure straordinario.
A qualcuno, negli ultimi mesi, aveva detto più volte, come a noi, "vieni a trovarmi", mano nella mano e sorriso limpido, lui che aveva affrontato la vita in corsia di sorpasso fino all’impresa immaginifica di Celle. C’era bellezza sempre nel suo conversare anche col passare degli anni fino al traguardo dei 94, quando guardava ormai le cose dall’alto senza pensare al tempo che lenisce perché l’amicizia riscaldava il cuore.
"Giuliano Gori – ci ricordava fra i tanti presenti Diana Toccafondi, presidente della Fondazione Cassa di risparmio –ha vissuto il suo ruolo di collezionista in una dimensione comunitaria, aperta al dialogo e alla novità, portatrice di benefici culturali diffusi. È stato un uomo dall’anima imperitura, come imperituro è ciò che ci ha lasciato". In ogni artista riconosceva l’amico saldandolo con stima e affetto fraterni. Non aveva mai avuto uno sconosciuto appeso ai quadri delle pareti interne, né nelle opere all’aperto, così come hanno ricordato a turno i figli che ne hanno rinverdito il ricordo nel prologo iniziale; non aveva avuto mai un interlocutore che non gli volesse bene.
Buono e carismatico, a lui spettava sempre l’ultima parola e a lui si sapeva di dover obbedire perché diceva sempre cose giuste, come ha ricordato una delle figlie. Attraverso i numerosi messaggi lo hanno salutato amici da ogni parte del mondo: dall’Europa all’America al Giappone, amici con i quali aveva condiviso l’amore del bello. C’erano presenti i sindaci di Prato e Pistoia con fascia tricolore, l’assessore di Pistoia alle politiche culturali Benedetta Menichelli, l’assessore alla Cultura del Comune di Prato, Simone Mangani, l’ex sindaco Cenni, il cantautore Pietro Pelù, Tonino Lucchesi, Massimo Luconi, Rita Pieri, Stefano Farsetti, gallerista, gli artisti Vittorio Corsini, Luigi Mainolfi, Pietro Costa e tanti altri noti e meno noti.
A ricordarlo, anche il vicario Daniele Scaccini, l’abate di San Miniato al Monte Bernardo Gianni, don Paolo Tofani, parroco di Santomato, don Giordano Favillini e i cinque nipoti con afflato genuino.
E’ parsa vuota la fattoria di Celle, mentre il celebrante abbandonava l’ambone nero di Morris su cui poggiava il leggio. Un fremito di lecci sembrava scuotere la testa nel trasporto di una bara in legno chiaro con la foto di Giuliano Gori avviato verso Chiesanuova nella cappella di famiglia, dove riposava già da anni la moglie Pina, che l’aiuterà nell’aldilà a incontrare gli ospiti, come era accaduto proprio a Celle (a pranzo con tutta la famiglia la moglie e i quattro figli, Patrizia, Fabio, Paolo, Stefania e con l’artista di turno) imbevendosi tutti del sorriso di Celle, il parco, i campi, il cielo, la luce, l’aria, parti integranti delle realizzazioni artistiche nel rispetto degli alberi secolari, del sottobosco, dei prati tinti ieri di un verde melanconico e stanco.
In composto dolore i familiari, radunati tutti all’interno della piccola cappella, che avevano lasciato invecchiare Giuliano con lo stesso amore con cui Giuliano li aveva fatti crescere, mentre lui andava a divorare le stelle nel viaggio che lo attendeva nell’aldilà. Un suono di chitarra e una voce dolce del coro di Santomato lo accompagnavano: "Un nonno speciale", ha singhiozzato uno dei nipoti, mentre il nonno se ne andava col sorriso dei giusti.