REDAZIONE PRATO

Mascherine ’fuorilegge’ ritirate dagli ospedali

Esposto di Arcuri in procura: il commissario straordinario per l’emergenza virus si è mosso per tutelare il dipartimento di protezione civile. L’inchiesta va avanti

Il commissario straordinario per l’emergenza sanitaria Domenico Arcuri ha presentato un esposto alla Guardia di finanza e indirizzato alla procura di Prato contro la grande truffa delle mascherine. L’esposto-denuncia è stato trasmesso ieri a firma del commissario che ha voluto così prendere le distanze da quel meccanismo illegale messo in piedi del Gruppo YL, amministrato dai fratelli Hong e dai loro familiari, che aveva ottenuto la commessa milionaria per rifornire la protezione civile nazionale di mascherine – destinate soprattutto agli ospedali di mezza Italia – fino alla fine di ottobre. Si parla di oltre 41 milioni di euro che il Gruppo YL avrebbe intascato dal 29 maggio (primo giorno di consegna) fino al 30 ottobre per ben 91 milioni di mascherine chirurgiche realizzate a Prato e nel suo hinterland.

L’inchiesta del Nucleo di polizia economico finanziaria di Prato, diretto dal comandante Maurizio Innocente, ha però svelato un retroscena ben diverso da quello che ci sarebbe immaginato. Le mascherine modello "Toscana" in realtà sarebbero state realizzate risparmiando sui materiali – "Metto un velo di bianco in mezzo a due blu così non si vede e si guadagna il 30% in più", dicevano gli indagati intercettati al telefono – tanto da non garantire il filtraggio al 98% come stabilito da contratto. Non solo, le mascherine modello "Toscana" erano realizzate da 26 ditte satellite che avevano ottenuto il lavoro in subappalto dal Gruppo Yl e i cui titolari sfruttavano il lavoro nero e i clandestini.

Due motivi che hanno spinto il commissario straordinario Arcuri a sporgere l’esposto in procura in quanto il dipartimento di protezione civile è parte lesa del meccanismo illegale messo in piedi dai fratelli Hong. Alessandro e Marco Hong si erano legati a due imprenditori dell’hinterland fiorentino per realizzare gli importanti quantitativi di mascherine. Nei guai sono finiti anche Samuele Vignolini della Vignoplast di Lastra a Signa e Gabriele Papini della Paimex di Cerreto Guidi (nella foto la sede dell’azienda), indagati insieme agli Hong per concorso in sfruttamento di lavoro nero e clandestini, truffa ad danni dello Stato e frode nelle pubbliche forniture. Nel frattempo le mascherine distribuite prima del sequestro, sei milioni, sono state ritirate dagli ospedale e dalle strutture dove sono state consegnate.

Primi interrogatori di fronte al gip ieri mattina, intanto, per alcuni dei tredici arrestati. Alcuni degli indagati hanno preferito di avvalersi della facoltà di non rispondere rilasciando solo alcune dichiarazioni spontanee. Altri, invece, hanno ammesso le loro responsabilità. Domani si proseguirà con quello di Huang Cenguo, da cui è partita tutta l’inchiesta. Huang Cenguo era tenuto sotto controllo dal 2018 per sfruttamento del lavoro. Durante i mesi del lockdown è emerso che la ditta – nonostante non avesse autorizzazioni – continuasse a lavorare per conto del Gruppo YL dei fratelli Hong che aveva ottenuto le commissioni da parte degli enti pubblici, Estar e protezione civile nazionale. Nelle intercettazioni è emersa la collaborazione fra le varie aziende che avevano ricevuto i subappalti dal Gruppo Yl, dalla Vignoplast e dalla Paimex, per la produzione dell’ingente quantitativo di mascherine.

Laura Natoli© RIPRODUZIONE RISERVATA