"A Sanremo per accendere i riflettori su un tema a me caro: le morti sul lavoro". Stefano Massini, scrittore e drammaturgo fiorentino sarà ospite del festival della musica italiana giovedì sera quando sul palco dell’Ariston, insieme all’amico Paolo Jannacci (figlio del grande Enzo, ndr), proporrà "L’uomo nel lampo" un brano inedito di denuncia sociale.
Stefano, emozionato per questa sua prima volta a Sanremo?
"Sì, molto. Confesso che mi fa più paura l’Ariston rispetto alla cerimonia dei Tony Awards. Nei giorni scorsi, durante le prove le gambe mi tremavano. Ma nonostante tutto, sono ben contento dell’invito di Amadeus, per tanti motivi. Mi esibisco insieme a un amico: con Paolo abbiamo portato in giro per quattro anni ’Storie’, un intreccio di musica e parole. Anche a Sanremo io racconto e lui si occupa della musica: proponiamo quello che è il teatro-canzone, una forma d’arte che a Sanremo, per esempio a portato anche Giorgio Faletti. Per ultimo, ma non da ultimo, sono orgoglioso di proporre al grande pubblico un argomento di cui si parla sempre e solo in occasione di gravi accadimenti ai quali non si pone mai rimedio: le morti sul lavoro. Raccontate spesso con numeri e statistiche, restano vite scomparse improvvisamente, dimenticate il giorno dopo".
Come nasce "L’uomo nel lampo"?
"Durante uno spettacolo, proprio con Paolo, in cui si parlava di lavoro. Nello specifico dopo un mio monologo sulla vertenza ex Gkn".
Di cosa parla la canzone?
"C’è un padre morto giovanissimo in un incidente sul lavoro, uno di quelli che funestano le nostre cronache, senza far notizia al punto tale che neppure destano più scandalo perché il lavoro è diventato un far west e i diritti sono un lusso. L’assuefazione alle cosiddette morte bianche è ormai un dato di fatto, e con questo brano di teatro-canzone tentiamo di sollevare il velo della narcosi. La canzone è un piccolo ritratto di vita, drammatica perché cristallizza un dialogo impossibile: da quella fotografia appesa in salotto, il padre non smette mai di parlare al figlio, che nel frattempo cresce nella leggenda di quel padre ’morto dentro un lampo’".
Poteva benissimo essere una mamma...
"Sì come la giovane pratese Luana D’Orazio. Sono stato tra i primi firmatari della proposta di legge di iniziativa popolare per l’introduzione del reato di omicidio sul lavoro e lesioni gravi o gravissime alle lavoratrici ed ai lavoratori. Il monologo ’La Principessa e il Telaio’ è ispirato al suo drammatico caso".
Arriva a Sanremo fresco di un premio molto importante...
"Sì, ho ricevuto il Premio Cyrano a Parigi che viene ogni anno assegnato dalla Federazione del Teatro Indipendente, e ne sono felice perché segna un’altra pagina del mio affettuoso rapporto con la Francia, la prima nazione a credere nei miei testi. Basta ricordare che ’Lehman’ ha debuttato prima Oltralpe e poi al Piccolo di Milano".
Progetti futuri?
"Dopo Sanremo, il tour teatrale con lo spettacolo su Freud, ’L’interpretazione dei sogni’ arriverà in Toscana. E per l’anno prossimo sto lavorando a un nuovo testo, una mia riscrittura sul ’Mein Kampf’: porterò in scena come è nato Adolf Hitler e come potrebbe rinascere ai tempi di oggi".
Barbara Berti