Prato, 9 luglio 2018 - Quattro medici, tutti ginecologi, dipendenti dell'ospedale Santo Stefano di Prato e tre cittadini cinesi sono stati arrestati questa mattina dai carabinieri per i reati di peculato e truffa aggravata ai danni dello Stato. Secondo l'accusa i medici effettuavano visite in nero a cittadine cinesi, utilizzando le strutture dell'ospedale, con la mediazione di alcuni orientali. I medici e i cinesi sono finiti agli arresti domiciliari. A eseguire i provvedimenti sono stati i carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Prato, guidati dal tenente colonnello Marco Grandini e dal maggiore Viatantonio Sisto. L'ordinanza di applicazione della misura della custodia cautelare dei domiciliari è stata emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Prato, Francesca Scarlatti, su richiesta della procura. Altri quattro orientali sono stati colpiti dalla misura dell'obbligo di firma.
Secondo quanto accertato dalle indagini coordinate dai sosituti procuratori, Lorenzo Gestri e Lorenzo Boscagli, i quattro medici avrebbero intascato soldi (dai 100 ai 150 euro) in nero per visitare le cinesi all'interno dell'ospedale mentre erano di turno in reaprto. I medici finiti ai domiciliari sono Elena Busi, Simone Olivieri, Ciro Comparetto e Massimo Martorelli. Secono quanto emerso dalle investigazioni, svolte grazie anche all'utilizzo di telecamere posizionate all'interno dell'ospedale e a intercettazioni ambientali, le pazienti cinesi venivano inviate ai medici dai tre mediatori - due donne e un uomo - e pagavano la parcella direttamente ai mediatori, che poi ne giravano una parte ai medici. Sostanzialmente le donne saltavano la trafila della prenotazione al Cup. Alle pazienti non viene contestato nessun reato, nella convinzione che non sapessero come funzionava il sistema della prenotazione del sistema sanitario regionale toscano. Avevano il contatto con il mediatore e semplicmente avrebbero chiesto di essere visitate da un ginecologo. Questa sarebbe stata la trafila che veniva prospettata dai mediatori alle cinesi.
«L'Asl - come ha spiegato la procura - ha collaborato con i carabinieri, che hanno filmato i passaggi di denaro in contanti». Le indagini hanno preso il via nell'autunno dell'anno scorso, quando una giovane cinese si era sentita male dopo aver ingerito pillole abortive. La giovane finì in ospedale. La ragazza aveva spiegato a una ostetrica di essersi rivolta a una mediatrice che l'aveva accompagnata da un medico italiano, che a sua volta le avrebbe dato le pillole. Una perizia ha accertato che quei medicinali potevano provenire solo dal circuito ospedaliero: le intercettazioni telefoniche disposte hanno consentito di risalire ai medici implicati anche se non è stato chiarito chi sia stato a dare alla donna le pillole abortive.
Intanto l'Asl fa sapere che i medici sono stati sospesi dal servizio e che sarà aperta un'indagine interna per chiarire quello che è successo. "Tali comportamenti sono gravissimi e indirettamente - ha detto il direttore generale dell'Asl Paolo Morello Marchese - recano danno alle centinaia di operatori che ogni giorno lavorano con onestà nei nostri servizi e che mi sento di tutelare in tutti i modi". Morello ringrazia le autorità inquirenti alle quali esprime la massima disponibilità e collaborazione.