LUIGI CAROPPO
Cronaca

Monni e la ripartenza. Ricostruzione in salita: "Sono preoccupata per tempi e risorse"

L’analisi dell’assessora regionale alla Protezione civile e Ambiente "Il nostro territorio è stato messo in sicurezza per le urgenze ma per cancellare il rischio bisogna tagliare burocrazia e avere soldi" .

L’analisi dell’assessora regionale alla Protezione civile e Ambiente "Il nostro territorio è stato messo in sicurezza per le urgenze ma per cancellare il rischio bisogna tagliare burocrazia e avere soldi" .

L’analisi dell’assessora regionale alla Protezione civile e Ambiente "Il nostro territorio è stato messo in sicurezza per le urgenze ma per cancellare il rischio bisogna tagliare burocrazia e avere soldi" .

Un anno dopo l’alluvione. 365 giorni trascorsi. Serviti a prendere consapevolezza che il cambiamento climatico è in atto e che il rischio idrogeologico è quotidiano.

Assessora regionale Monia Monni, lei campigiana e residente a Prato conosce bene purtroppo l’odore del fango che lasciano le alluvioni. A Campi si ricorda l’alluvione del 1991 oltre a quella del 2023. Nella provincia pratese si sono pianti morti e fatto un conto enorme dei danni del novembre di un anno fa. Che ricordi ha? Cosa lasciano addosso queste tragedie? Cosa ci insegnano?

"Purtroppo ricordo bene anche l’alluvione di Poggio a Caiano, dove la mia famiglia, investendo i risparmi di una vita intera, aveva aperto da poco una piccola attività commerciale che fu spazzata via dal fango. Ricordo l’odore di umido che non va mai via, il fango che riaffiora continuamente, il senso di impotenza davanti alla furia dell’acqua, la disperazione di avere perso tutto e la paura costante che ti attanaglia quando inizia a piovere. Però ricordo anche la forza di mia madre nonostante le sue notti insonni e preoccupate, gli abbracci di condivisione, le volontarie e i volontari che spuntavano dal nulla e spalavano in silenzio. Era l’abbraccio della comunità, quello che rende ogni singolo luogo della Toscana un luogo speciale".

Lei ha ribadito che è necessario un cambio di mentalità a più livelli, sia istituzionali che sociali. Ci spieghi.

"Gli effetti della crisi climatica ci impongono un cambio di passo. Prima del 2 novembre avevamo aperti 700 milioni di cantieri e investiamo 200 milioni l’anno in manutenzioni e nuove opere. Ma la realtà ha superato di gran lunga i limiti normativi e dobbiamo agire riferendoci alla diversa e più intensa tipologia di eventi e non a quanto prescritto dalle leggi e dai piani di settore. Questo significa che dobbiamo realizzare le opere necessarie alla mitigazione del rischio, ma anche imparare a gestire quel rischio che le opere non possono ridurre. Ma anche sul fronte strutturale non bastano certo argini e casse di espansione, pur fondamentali, serve mettere dentro la difesa del suolo anche i piani urbanistici, quelli edilizi e, ovviamente, quelli di protezione civile".

Poi c’è la filiera delle autorizzazioni e competenze. Ci vorrebbero piani straordinari con regole burocratiche semplificate. Non crede?

"Certamente è impensabile che per realizzare un’opera di difesa idraulica sia necessario sottostare alla stessa burocrazia che serve per realizzare una lottizzazione. Abbiamo messo a terra, insieme a Comuni, Unioni di Comuni, Province, Consorzi, ben 122 milioni di opere in circa 10 mesi. E’ stato possibile perché gli interventi nell’immediato post alluvione godono di un regime semplificato. Non sarà così per le opere di ricostruzione, quelle che garantiranno un livello di sicurezza adeguato a quanto accaduto il 2 novembre perché, quando le risorse arriveranno, serviranno progetti autorizzati, decine di pareri e gare che possono essere oggetto di contenzioso, insomma un anno e mezzo o due dal finanziamento alla prima ruspa. Non ce lo possiamo permettere. Se accettiamo che i cambiamenti climatici determinino un rischio maggiore, maggiori devono essere le semplificazioni legislative che consentano di agire con la rapidità necessaria".

Lavori di somma urgenza, dopo un anno sono arrivati tutti o quasi a compimento. Ma non c’è da stare tranquilli se la Regione Toscana ha quantificato in un miliardo le risorse necessarie per mettere in atto un piano sicurezza.

"Su questo tema voglio essere chiara. In questo anno abbiamo realizzato interventi in somma urgenza per 122 milioni di euro. Sono una enormità, ma per raggiungere un livello di sicurezza che possa reggere ad eventi dell’intensità di quello occorso il 2 di novembre serve molto di più. Da più di sei mesi il Governo ha sul tavolo il piano per la ricostruzione che prevede interventi strutturali per oltre un miliardo di euro. Un piano sottoscritto anche dal Dipartimento Nazionale di Protezione Civile. Non pretendiamo che il Governo eroghi subito tutto, ma sarebbe almeno utile capire che intenzioni ha. Ad oggi non abbiamo nessuna previsione. Intanto opereremo un trasferimento di risorse dal bilancio regionale alla contabilità del Commissario per poterle utilizzare subito per le progettazioni, in modo da avere progetti pronti quando arriveranno i soldi del Fondo di Solidarietà dell’Unione Europea. Lavoriamo per non perdere nemmeno un giorno di tempo".