Laura Natoli
Cronaca

Morte in fabbrica, la mamma di Luana fuori dall’orditura: "Qualcuno ci filmava". Momenti di tensione alla raccolta firme

Emma Marrazzo a Montemurlo per la raccolta firme a sostegno della legge sull’omicidio sul lavoro. "Non ci ero mai stata, il proprietario riprendeva con una telecamera".

La mamma di Luana D'Orazio e i momenti di tensione davanti alla ditta dove è morta la figlia (Attalmi)

Prato, 7 settembre 2023 – "Andare nel luogo dove è morta mia figlia è stata dura, non ci ero mai stata. Ho ancora il magone, sono distrutta". Emma Marrazzo ha fatto il passo più difficile dopo la morte di sua figlia Luana D’Orazio, l’operaia di 22 anni, mamma di un bimbo che all’epoca aveva solo cinque anni e mezzo, stritolata dall’orditoio a cui era addetta la mattina del 3 maggio 2021. La mamma della ragazza è andata per la prima volta fuori dai cancelli dell’Orditura Luana srl di via Garigliano a Oste di Montemurlo dove la figlia è morta. Una scelta simbolica per la campagna a sostegno della proposta di legge di iniziativa popolare per l’introduzione del reato di omicidio sul lavoro e lesioni gravi. La manifestazione, appoggiata dai sindacati di base e ampiamente annunciata e autorizzata, ha riservato qualche momento di tensione.

Signora Marrazzo, che effetto le ha fatto tornare nel luogo dove è morta sua figlia?

"Sapevo solo dov’era ma non ci ero mai stata neppure quando Luana era viva. Non è stato facile, mi devo ancora riprendere".

Ci sono stati attimi di tensione, se lo sarebbe immaginato?

"Assolutamente no. La manifestazione con il banchino per la raccolta firme era stata abbondantemente annunciata. Era tutto regolare. Abbiamo scelto di cominciare da lì come atto simbolico. La proprietà ha fatto togliere l’insegna dall’esterno della fabbrica perché non si vedesse il nome della ditta. Noi non abbiamo dato noia a nessuno. Era tutto molto pacifico".

E poi che cosa è successo?

"Il signor Faggi (il marito della titolare Luana Coppini, entrambi hanno patteggiato per la morte di Luana D’Orazio, ndr) ci ha ripreso da dietro il cancello con una piccola telecamera, una go pro. La teneva sopra il cancello con un’asta".

Perché?

"Non ne ho idea. Mi è sembrato assurdo, una provocazione. L’affronto peggiore che mi potesse fare. Noi non siamo andati lì per insultare ma per una giusta causa. Io gli ho mostrato la cover del mio cellulare dove c’è la foto di Luana e gli ho detto: riprendi bene questa. Poi il babbo di Alberto (il fidanzato di Luana, ndr) gli ha urlato qualcosa ma quello continuava a riprendere. Sono allibita, non c’è rispetto. Ma tanto abbiamo capito che non abbiamo a che fare con esseri umani".

Sono stati chiamati anche i carabinieri?

"Sì, ma non so per quale ragione. Era tutto regolare".

Si aspettava che i colleghi di sua figlia venissero a firmare?

"Non si possono chiamare colleghi. A un certo punto qualcuno è uscito dall’orditura. Ridevano fra di loro, mi sono sembrati crudeli. Dopo la morte di Luana vennero alcune colleghe a casa mia. Poi non ho più visto nessuno".

Qualche altro operaio della zona ha firmato?

"Sono venute cinque operaie da una ditta vicino, quella dove Luana aveva imparato a usare l’orditoio. Mi ha fatto molto piacere, sono state gentili loro".

C’è stata tensione anche con un corriere che entrava con il furgone nel piazzale della ditta?

"Sì. Qualcuno gli ha urlato ’lavori per gli assassini’. Non è colpa di quell’uomo, però lui è sceso e si è messo a gridare che ha tre figli da mantenere. Parla a me di figli? E quella che mi hanno ammazzato perché un macchinario è stato volutamente manomesso? Per questo porto avanti questa battaglia".

Per l’introduzione del reato di omicidio sul lavoro?

"Certo. Nessuno mi ridarà mia figlia. Però queste cose non dovrebbero mai accadere. Abbiamo imparato che le leggi esistono ma che possono essere facilmente aggirate. Basta patteggiare una pena esigua e tutto torna come prima. D’altronde la ditta dove è morta mia figlia non ha mai chiuso neppure un giorno dopo la tragedia. Solo un’ora il giorno del funerale. Sono scossa e stanca".