Molti lo conoscono per il ritratto prestato al best seller di Hanya Yanagihara, "Una vita come tante". Lo scatto in bianco e nero che campeggia sulla copertina blu s’intitola "Orgasmic Man" e, da oggi fino all’11 maggio, si trova nelle sale del Pecci.
Ma Peter Hujar, fotografo statunitense scomparso nel 1987, è molto di più: è la mostra realizzata dall’Art Institute di Chicago, curata da Grace Deveney con Stefano Collicelli Cagol e ripensata per gli spazi del Pecci (inaugurazione oggi alle 18) che attraverso 59 fotografie racconta la parabola di uno dei maestri della fotografia, l’Hujar ‘sperimentatore’ che indaga altri mezzi espressivi come il teatro e la danza, con una sezione di venti opere che risentono dell’influenza dei suoi viaggi in Italia fra gli anni ’50 e ’60.
Dalle catacombe di Palermo con i ritratti di mummie che lo interrogano sulla vita e sulla morte, ai sanatori fiorentini di bambini, passando per i giovani bagnanti sugli scogli di Napoli, il suo sapiente obiettivo fa emergere il contrasto fra un’Italia permeata di bellezza e stretta nella morsa della povertà.
Ma la mostra "Peter Hujar. Azioni e ritratti/viaggi in Italia" ci fa immergere anche nell’atmosfera underground di New York all’epoca in cui il fotografo frequentava una nuova generazione di performer che gli fece sperimentare nuovi approcci alla coreografia e al teatro immortalato nei momenti di backstage.
"Momenti di grande concentrazione cari a Hujar – sottolinea il direttore del Pecci Collicelli Cagol - che elaborava le sue immagini nella camera oscura in fase post produzione calibrando attentamente luci e ombre. Addentrarsi nella storia di Hujar significa scoprire quella delle sperimentazioni teatrali americane. Colpisce la forza della costruzione dell’immagine, catturando ciò che appartiene all’immaginario erotico".
La Byrd Hoffman di Robert Wilson è una delle compagnie fotografate a lungo da Hujar.
Oggi s’inaugura anche la mostra di Margherita Manzelli dal titolo "Le signorine", sempre a cura di Collicelli Cagol (partner Intesa San Paolo). Le oltre venti tele che popolano le sale ci svelano tante ‘signorine’ che riempiono la scena in una spazialità astratta sotto forma di pattern geometrici, motivi floreali che richiamano le fantasie di tessuti in un legame ideale con la tradizione di Prato.
Un’opera trova ispirazione dalla Cattedrale di Santo Stefano con un trittico che riprende la Salomè. "Sono rimasta folgorato dagli affreschi di Filippo Lippi – racconta l’artista, originaria di Ravenna, classe 1968 - In questo trittico ho mescolato l’iconografia della carta da parati con la geometria delle cattedrali, portando come sfondo la superficie del pavimento".
La doppia mostra segna il coronamento di una filosofia espositiva che ha visto nel 2024 la Toscana al centro. Una curiosità: a dare il benvenuto ai visitatori, un robot di nome Mercedes (il richiamo è al Conte di Montecristo) che si aggira fra le persone e "Le signorine" recitando poesie grazie all’intelligenza artificiale.
Entrambe le mostre resteranno aperte fino all’11 maggio e sono state presentate ieri anche alla presenza del delagato alla cultura della sindaca Bugetti Francesco Fantauzzi e della capo di gabinetto della Regione Cristina Manetti. Intanto il presidente Lorenzo Bini Smaghi è fiducioso sui numeri del 2024 (i dati aggiornati a novembre a ora non sono però disponibili). "Li daremo a inizio 2025: abbiamo avuto un trend ottimo dall’autunno in poi e ci aspettiamo un ritorno di presenze oltre il periodo pre Covid".