REDAZIONE PRATO

Omicidio di Alessio Cini. Le testimonianze in aula: "Quelle liti con Maiorino"

Audizione protetta, ieri davanti ai giudici, per la familiare minorenne. Intercettazioni audio: le perizie divergono. Chiesto un nuovo esame. .

Audizione protetta, ieri davanti ai giudici, per la familiare minorenne. Intercettazioni audio: le perizie divergono. Chiesto un nuovo esame. .

Audizione protetta, ieri davanti ai giudici, per la familiare minorenne. Intercettazioni audio: le perizie divergono. Chiesto un nuovo esame. .

È stata un’audizione protetta quella riservata, ieri mattina nell’aula bunker della Corte d’Assise a Firenze, a una famigliare di Alessio Cini, il tecnico tessile di 56 anni di Prato brutalmente ucciso nella corte della villetta nella quale vive a alla Ferruccia di Agliana all’alba dell’8 gennaio di un anno fa. Una testimonianza molto importante quella della giovane, minorenne, che ha chiesto di avere accanto un suo famigliare e di poter parlare protetta da un paravento, così come consentito dalla legge. In prima fila, seduto accanto ai suoi difensori, l’avvocato Katia Dottore Giachino e Fulvia Lippi di Prato, c’era Daniele Maiorino, operaio di 59 anni di Agliana, cognato di Cini, che è in carcere a Prato da un anno, accusato di omicidio volontario aggravato dalla crudeltà. Cini, lo ricordiamo, fu aggredito alle spalle con un oggetto simile a una spranga e una volta tramortito con colpi alla schiena e al cranio fu dato alle fiamme quando ancora respirava. Una morte terribile. Le indagini dei carabinieri, dirette dal sostituto procuratore Leonardo De Gaudio, furono febbrili e dieci giorni dopo Maiorino fu arrestato, incastrato dalle riprese delle telecamere che hanno permesso di ricostruire i movimenti della vittima e dalle intercettazioni audio catturate nell’auto di Maiorino, nelle quali lo stesso parlerebbe tra sé e sé della brutale fine del cognato. Nella sua testimonianza, la giovane ha descritto quelli che erano i rapporti difficili con gli altri abitanti della villetta. Più volte il padre Alessio avrebbe litigato con il vicino di casa per rumori molesti. Ma sarebbe stata una lite, poco prima di Natale, quella più violenta. A scatenarla un la caduta di un pezzo di tetto nella proprietà del vicino al piano terreno. L’uomo sarebbe arrivato a minacciare Cini: "Ti taglio la gola", come raccontato dalla ragazza. Le liti, però, erano molto frequenti anche con il cognato della vittima Daniele Maiorino, legate non solo a questioni di vicinato ma anche a questioni di soldi. Sembra infatti che Maiorino fosse solito chiederne in prestito a Cini, senza poi restituirli, piccole somme, che la vittima ormai non esigeva più indietro. Spesso il nervosismo di Maiorino esplodeva, difficile da controllare, ed anche per questo Cini avrebbe maturato la convinzione che il cognato fosse un assuntore abituale di stupefacenti. Ed è su quelle intercettazioni che le perizie dei consulenti della pubblica accusa e quello della difesa divergono in alcuni punti fondamentali. Uno su tutti, la frase nella quale Maiorino, in auto, descriverebbe il brutale omicidio, con le parole: "L’ho ammazzato, che fine..", stando alla tesi sostenuta dal perito incaricato dalla Corte, Annalisa Pollio, che ieri mattina è stata a lungo ascoltata, e che conferma quanto sostenuto anche dal consulente del pm, Matteo Rofi, a differenza di quanto indicato dalla relazione del consulente di parte, Maurizio Berti che invece trascrive quella frase come "L’hanno ammazzato... che fine". La Corte ha richiesto un approfondimento sulle intercettazioni.

Il processo è aggiornato all’8 aprile.

Martina Vacca