Prato, 11 maggio 2023 – Un curriculum criminale di tutto rispetto. Si va da precedenti penali e di polizia che spaziano fra reati legati agli stupefacenti, al sequestro di persona e alla violenza sessuale aggravata, passando dalle lesioni e dalle percosse per arrivare fino al danneggiamento. E per non farsi mancare proprio nulla, ha perfino la violazione della normativa in materia di immigrazione. Tradotto in parole povere: era clandestino. Però era libero, libero di passeggiare per le vie della città. Perché al cinquantenne marocchino accusato di essere l’assassino di Said Jaador era concesso di restare in Italia nonostante non ne avesse titolo e soprattutto fosse gravato da così tanti precedenti? Una domanda a cui nessuno risponde. Si doveva arrivare a un omicidio prima che qualcuno si ponesse il problema?
Il cinquantenne, di cui investigatori e inquirenti mantengono il massimo riserbo sul nome (e non se ne capisce il perché), viveva di espedienti, al limite della legalità, borderline. Non aveva occupazione fissa, non aveva una dimora tanto che aveva subaffittato una stanza in una casa affollata da altri suoi connazionali nella quale dimorava anche la vittima. Probabilmente in passato aveva trovato rifugio in quegli stabili abbandonati che finiscono spesso sulle pagine dei giornali e che ogni tanto vengono sgomberati dalle forze del’ordine sotto le pressanti richieste dei vicini stanchi di avere accanto alla propria porta di casa degrado, spaccio, tossici e sbandati di ogni sorta.
Da qualche tempo l’uomo si era stabilito nell’appartamento in subaffitto vicino Porta Leone nel quale dimoravano in maniera sporadica una girandola di persone, forse perfino qualcuno che ha assistito al violento litigio fra il cinquantenne e Said Jaador finito poi con l’uccisione di quest’ultimo. Anche Jaador aveva avuto dei problemi con la giustizia, era finito in carcere. Pare avesse avuto grane legate allo spaccio di sostanze stupefacenti ma almeno la sua posizione era regolare in Italia.
Quella del cinquantenne no. Era libero di uscire, di girare per le strade della nostra città, di delinquere. Un fantasma, come ce ne sono tanti purtroppo, su cui è difficile incidere in quanto non è possibile rimpatriarli perché i costi sono elevati o perché manca personale per fare questo tipo di servizi. La vita da clandestini non è così dura in Italia tanto al massimo si rischia una e si resta a piede libero.