Laura Natoli
Cronaca

Ucciso, poi il cadavere bruciato. Condannato il coinquilino. Movente: una lite per soldi

La sentenza in rito abbreviato nei confronti di Abdelhadi Hajjaj che ha ammazzato Said Jaador con cui divideva una stanza. Nuove indagini per favoreggiamento

JAADOR

Said Jaador, marocchino di 36 anni, ucciso dal coinquilino che poi ha bruciato il cadavere in uno stabile abbandonato a San Paolo

Prato, 14 dicembre 2024 – E’ stato condannato a 14 anni e 10 mesi per il brutale omicidio del coinquilino. La sentenza, in rito abbreviato, a carico di Abdelhadi Hajjaj, chiamato da tutti Madani, marocchino di 51 anni, difeso dall’avvocato Enrico Martini, è arrivata ieri pomeriggio al termine di una camera di consiglio andata avanti cinque ore. Hajjaj doveva rispondere di omicidio volontario e occultamento del cadavere del coinquilino, Said Jaador, suo connazionale di 36 anni. Il giudice, Marco Malerba, ha invece, rinviato gli atti in procura per valutare la posizione di Claudio Stefanini, 55 anni e proprietario dell’immobile nel quale i due marocchini condividevano una stanza, che era stato accusato di aver aiutato Hajjaj a disfarsi del cadavere. La procura aveva chiesto il rinvio a giudizio anche per lui ma il giudice ha rinviato gli atti per favoreggiamento. Ha inoltre trasmesso gli atti per la sua compagna per false dichiarazioni al pubblico ministero. Infine è stata disposta una provvisionale immediatamente esecutiva di 50.000 euro per la moglie di Said e 100.000 per la figlia, assistite dall’avvocato Katia Giachino Dottore. La procura aveva chiesto una condanna a 18 anni.

Madani, clandestino e con una lunga lista di precedenti di polizia, tutt’ora in carcere, non ha mai confessato di essere l’assassino del coinquilino: i due avevano subaffittato da Stefanini una stanza in una casa non distante dal luogo del ritrovamento del cadavere. Il movente sarebbe stato una lite per soldi. Il fatto risale alla fine di aprile, inizio di maggio dell’anno scorso.

La polizia aveva raccolto elementi a carico di Abdelhadi Hajjaj durante le indagini per la scomparsa di Jaador. Il trentaseienne non dava più notizie di sé dal 18 aprile. La moglie, raccogliendo le preoccupazioni dei parenti in Marocco, aveva presentato denuncia di scomparsa il 21 aprile e si era rivolta a “Chi l’ha visto”. Nelle settimane successive, sia la moglie che i familiari di Jaador avevano ricevuto delle strane foto che ritraevano campi e stabili abbandonati, ma non quello dove era stato portato il corpo. Un tentativo, secondo la polizia, di sviare le indagini. La certezza di quello che era accaduto si ebbe solo la mattina del 9 maggio quando la polizia trovò il cadavere, mezzo bruciato, nello stabile in via di San Paolo. Madani fu arrestato al termine di un interrogatorio nel quale non confessò l’omicidio.