Lo stato di salute del tessile al banco di prova delle fiere di inizio anno. Dal 4 febbraio si apre la tre giorni della 40ª edizione di Milano Unica, mentre dall’11 febbraio sarà la volta di Première Vision a Parigi. Intanto un primo dato da rilevare, dopo un inizio di stagione fieristica che ha già visto alcuni appuntamenti significativi in Europa (Parigi, Londra, Monaco di Baviera) e negli Stati Uniti: la conferma del maggiore interesse per la kermesse milanese con 95 espositori contro una flessione ormai costante di presenze a quella parigina, dove questa edizione conta una dozzina di aziende. In mostra le collezioni di tessuti per la primavera-estate 2026, che come si sa sono meno tradizionalmente in linea con le produzioni pratesi (a luglio scorso gli espositori erano 118 con le collezioni invernali).
"Questi appuntamenti fieristici si collocano in un momento in cui il tessile italiano, e non solo, necessita di un nuovo impulso – commenta Maurizio Sarti, coordinatore del gruppo Produttori di tessuti della sezione Sistema moda di Confindustria Toscana Nord, oltre che componente il Comitato di presidenza di Milano Unica –. Veniamo da un 2024 complicato e siamo consapevoli che l’auspicata svolta del 2025 difficilmente si verificherà nella prima parte dell’anno". Sarti parte dalla peculiarità delle aziende pratesi "che sta nella capacità di proporre i prodotti che possono stimolare l’aspirazione del consumatore è qualcosa di nuovo e originale". Ci sono una serie di ostacoli, primo fra tutti "il fattore prezzo, un punto di debolezza che ci accomuna a tutti i produttori italiani della moda". Senza dimenticare che tra le voci di bilancio "i costi energetici, ci penalizzano anche rispetto ai concorrenti europei".
Un dato di fatto che spinge Sarti a puntare sulla "valorizzazione massima presso i clienti dei prodotti e delle filiere che operano in maniera corretta e sono estranee a quelle ‘aree grigie’ spesso alla ribalta delle cronache". Dunque promozione di "sostenibilità ambientale e sociale nell’interesse della reputazione dei brand in primo luogo. Una sostenibilità che deve essere a sua volta ‘sostenibile’, come costi e procedure richieste, talvolta complicate nella forma senza aggiungere niente nella sostanza. Sembra che si stiano facendo passi avanti in direzione di una semplificazione delle certificazioni, riunificandone alcune". Nel 2024 la produzione complessiva di tessuti pratesi è scesa in volume del -5,8% (dati Centro studi di Ctn). L’export, espresso in valori, ha segnato da gennaio-settembre 2024 -7,4% sullo stesso periodo del 2023 (dati Istat, non ancora disponibili per l’ultimo trimestre 2024). L’export mantiene salde le destinazioni come Spagna, Germania, Francia e Romania. La crescita interessa per il 30% gli Usa e il 2,6% il Portogallo.
Secondo il presidente di Pratotrade Giovanni Gramigni "gli ottimi risultati di eventi come Pitti Uomo fanno sperare in una ripresa di interesse per la moda: il rinnovato gusto per il bello, assieme all’esaurimento dell’overstocking, fanno ben sperare per il tessile pratese". Gramigni riflette che "il mercato è più complicato e più esigente: si sono ridotti i volumi degli ordini e dei lotti, mentre nello stesso tempo c’è una richiesta di servizio molto veloce che non sempre si concilia con la frammentazione produttiva imposta da ordinativi". Un cambio di tendenza per il quale le aziende di Ctn e Pratotrade si sono attrezzate con percorsi appropriati: "Lavorare sul servizio e sulla tracciabilità sostenuta da una robusta immissione di tecnologia e di digitale. Il percorso viene portato avanti con determinazione, con tutti i pro e i contro della peculiare struttura della filiera, caratterizzata dalle sue fasi molteplici e specializzate".
s. b.