di Sara Bessi
PRATO
"Ho visto un moderno girone infernale", dice Emanuela Cecconi, 73 anni, per descrivere la sua esperienza, durata tre giorni e due notti, su una barella al pronto soccorso del Santo Stefano. Non è la prima, non sarà l’ultima, solo una delle tante persone che tornano a casa dall’ospedale provate, a volte scioccate. Ma la testimonianza di Cecconi, - della sua "faticosa esperienza", come lei stessa la definisce - va oltre perché accompagnata da una inusuale iniziativa. Una sottoscrizione collettiva, con i nomi di altre 59 persone che hanno avuto vissuto esperienze problematiche al pronto soccorso e che chiedono alle istituzioni di intervenire. Non per scagliarsi contro i medici - tengono a precisare - che operano al massimo delle loro possibilità, ma contro un ospedale sottodimensionato da troppi anni.
"Ho ritenuto opportuno - spiega Cecconi, che ha scritto anche al sindaco, al presidente della Regione e al direttore generale dell’Asl Toscana Centro - raccogliere alcune testimonianze in una lettera per porre l’attenzione su un noto ed evidente problema". Gli episodi riportati nella sottoscrizione collettiva sono stati raccolti fra amici, parenti e conoscenti con tanto di nomi e cognomi, e in alcuni casi anche il racconto dell’esperienza vissuta al pronto soccorso. L’obiettivo? "Riportare all’attenzione la questione del cattivo funzionamento del pronto soccorso" e anche il sottodimensionamento dell’ospedale, che non riesce a rispondere alla domanda di ricoveri inoltrata dal pronto soccorso ai vari reparti. I fatti che hanno interessato Emanuela Cecconi risalgono a settembre, quando la donna è rimasta in pronto soccorso dal 4 al 7 settembre per una sincope vaso vagale con perdita di conoscenza. Una volta arrivata al Santo Stefano è stata sistema, racconta, "nell’ambiente open con tantissimi altri ammalati che apparentemente presentavano varie problematiche sanitarie più o meno gravi". Fra i problemi evidenziati anche la scarsa comunicazione "che aumentava lo stato di malessere" e "il mancato accesso dei familiari". Nella terza giornata di permanenza la paziente è stata trasferita in Osservazione breve intensiva, quindi è riuscita ad avere un posto letto. "Ho manifestato la mia perplessità a una dottoressa e la sua spiegazione mi ha sconvolto: il pomeriggio precedente il pronto soccorso aveva richiesto 40 posti di ricovero nei vari reparti ottenendone solo 5". L’intento non è solo di denuncia, ma anche di sensibilizzazione affinché l’organizzazione ospedaliera possa migliorare. "Non basta evidenziare che l’ospedale è sottodimensionato se non si mettono in campo in maniera massiccia una serie di servizi territoriali, come strutture sanitarie intermedie, guardia medica, assistenza domiciliare integrata, potenziamento medicina di base", dice Cecconi.
"Il problema del nostro pronto soccorso è determinato dall’incessante iperafflusso di pazienti che non hanno altre scelte di presidi sanitari. Le situazioni più gravi, ad esempio i codici bianchi, dovrebbero essere trattati in altre sedi. Inoltre il Santo Stefano è stato sottostimato per i posti letto necessari al bacino di utenza della nostra città - scrive Mariapia, una delle firmatarie della sottoscrizione collettiva - . È tanto che si parla del progetto territorio ma ancora non ci siamo, in più la pandemia ha rafforzato i punti deboli del sistema". Tutti concordi nel sostenere l’impegno dei sanitari, ma anche l’urgenza di una riorganizzazione dei servizi. "Da anni il pronto soccorso è saturo anche perché non ci sono posti letto sufficienti essendo l’ospedale nuovo più piccolo e tutto è complicato dal Covid", sostiene Moreno, un altro dei firmatari della sottoscrizione collettiva. "Risultato: attese lunghe, malati abbandonati fisicamente e mentalmente con scarsa privacy". E anche lui rilancia con una proposta: "Ottimizzazione delle risorse umane e materiali esistenti con corsi di formazione per assistenza alla persona anche dal punto di vista relazionale ed eventuale assunzione di personale".