Prato, 10 agosto 2022 - "Era un giovedì mattina. Ho iniziato ad accusare fortissimi dolori al fianco, tanto che mio genero ha deciso di accompagnarmi al pronto soccorso. La prima volta ci sono stato di mattina, ho atteso un paio d’ore, poi un’infermiera mi ha messo in mano una provetta per le urine e mi ha rimandato a casa senza referto. Più tardi i dolori sono tornati e mi sono ripresentato al Santo Stefano con la provetta già piena. Anche qui, nuovo percorso d’accettazione e stesso risultato: arriva un’altra infermiera, getta nella spazzatura la provetta e mi rimanda a casa di nuovo senza referto medico. Racconto questa storia perché poi, tramite visite private specialistiche, ho scoperto che quel dolore al fianco nemmeno degno di nota per il pronto soccorso di Prato, si trattava in realtà di una rara forma tumorale".
È la storia di Bruno Borgogno, pensionato originario della provincia di Torino, ormai da 11 anni trapiantato a Prato. Il racconto risale allo scorso 30 giugno, ma emerge solo adesso anche alla luce della vicenda che ha portato alla morte del 31enne Gaddo Giusti. "Prima di raccontare quanto accaduto volevo sapere bene con quale malattia stavo facendo i conti – racconta Borgogno –. Una volta scoperto che mi è stato diagnosticato o un sarcoma muscolare o un carcinosarcoma, e dopo avere letto anche altre denunce di disservizi al Santo Stefano, allora ho deciso di raccontare la mia storia, sperando che nessuno si ritrovi in una simile situazione".
Il racconto di Borgogno parte fin dal mattino. "Faccio l’accettazione al Santo Stefano e mi stendono su una barella – racconta -. Non mi fanno alcuna ecografia, né mi danno un antidolorifico. Io pensavo di avere una colica renale, ma nessun medico mi ha visitato. Alla fine un’infermiera viene da me, mi chiede di raccogliere le mie urine in una provetta e mi rimanda a casa senza alcun referto o foglio d’uscita. Di fatto, io sono ancora in carico dal 30 giugno come paziente del pronto soccorso, a meno che qualcuno non mi abbia tolto dalla lista senza consegnarmi un foglio d’uscita". Come detto, dopo poche ore Borgogno torna a sentire la fitta al fianco e decide di farsi nuovamente accompagnare al Santo Stefano, stavolta dalla figlia. "Faccio di nuovo l’accettazione e mi ributtano su una barella – prosegue –. Qui resto in attesa fino all’arrivo di un’altra infermiera che guarda controluce la mia provetta e la butta via. Per poi dirmi che potevo andarmene, di nuovo senza referto, senza prognosi, né cure".
Grazie all’aiuto del medico di base e di uno specialista di Torino, Borgogno ha fatto tutti gli esami del caso, fino a scoprire un tumore raro. "È questo il servizio che la tanto decantata sanità toscana offre? – si domanda il lettore -. Se non avessi avuto la capacità e le risorse per indagare privatamente i motivi di questo dolore improvviso non avrei avuto la possibilità di sapere le mie reali condizioni di salute. All’ospedale Molinette di Torino mi hanno invece seguito con grande velocità, e hanno subito capito la gravità della mia situazione. Quindi mi domando: è giusto che un cittadino con 50 anni di contributi debba essere trattato in questo modo?".