Un blitz mirato in una azienda tessile a gestione cinese, "Il Trifoglio" in via Renzo Gori 15, ha portato alla luce l’ennesimo dormitorio. Un fatto che, di recente, non si vedeva quasi più. E invece gli investigatori hanno scoperto un vero e proprio dormitorio all’interno della ditta dove gli operai lavoravano e vivevano in una commistione fra i due ambienti che eravamo abituati a vedere diversi anni fa. Il blitz è scattato nell’ambito di una inchiesta della procura di Prato sullo sfruttamento della manodopera e sulla intermediazione illecita. La ditta cinese si trova all’interno di uno stabile di via Renzo Gori dove ci sono anche una palestra e un autolavaggio. Le due attività non hanno impedito agli imprenditori cinesi di lavorare nel completo disprezzo di ogni regola: accanto a queste attività, gli operai cinesi lavoravano e dormivano nello stesso stabile.
A mettere in moto l’inchiesta è stata una segnalazione. La procura, guidata da Luca Tescaroli, ha così disposto la perquisizione durante la quale sono stati accertati diversi illeciti, non solo di natura formale.
Al lavoro sono stati trovati sei clandestini e molti degli operai non avevano un contratto di lavoro regolare. Secondo quanto emerso, gli operai lavoravano 12 ore al giorno, sette giorni su sette, festivi compresi, senza nessun tipo di tutela.
Gli investigatori si sono ritrovati di fronte uno scenario del tutto uguale a quello che era emerso nel lontano dicembre 2013, in seguito al rogo al Macrolotto, alla "Teresa Moda", pronto moda dove morirono sette operai cinesi che dormivano in un soppalco della azienda.
E’ in seguito a quel fatto tragico che la Regione ha messo in campo un piano massiccio di controlli a tappeto in aziende, soprattutto a gestione orientale, per debellare il fenomeno non solo dello sfruttamento ma anche delle continue violazioni in ambito di sicurezza sui luoghi di lavoro.
Negli ultimi anni il fenomeno dei dormitori allestiti all’interno delle ditte era pressoché scomparso ma il nuovo ritrovamento non fa ben sperare.
Lo sfruttamento del lavoro, invece, continua a essere una delle principali forme di illegalità utilizzato da imprenditori senza scrupoli per evadere tasse e contributi e massimizzare i profitti. Lo stesso Tescaroli lo ha ricordato mercoledì durante l’audizione in Senato alla commissione d’inchiesta parlamentare contro lo sfruttamento e per la sicurezza sui luoghi di lavoro. Il quadro tracciato dal procuratore è allarmante: sfruttamento, importazione illegale di merce dalla Cina, ditte apri e chiudi e connivenza di professionisti italiani, sono alla base del modo di fare impresa di molti imprenditori orientali che non hanno interesse a radicarsi nella nostra società: i proventi delle attività illecite ritornano in madrepatria.
Un quadro fosco sullo sfondo del quale si consuma la guerra fra gruppi contrapposti che hanno interessi nel fruttuoso mercato delle grucce e in quello della logistica. Si tratta di organizzazioni criminali che agiscono come le mafie di casa nostra e con cui, non si esclude, abbiano interessi e intrattengano rapporti. Oltre all’ennesima ditta che lavora nell’illegalità più totale, è stato anche arrestato un cinese trovato in possesso di un’arma clandestina. L’uomo è stato arrestato e portato in carcere. Un episodio inquietante e molto grave: è l’ennesima conferma che nella nostra città circolano armi illegali.
I due episodi non sono correlati fra di loro ma il ritrovamento dell’arma clandestina ha fatto alzare l’asticella dell’attenzione.
Laura Natoli