Erasmo D’Angelis, già capo della struttura di missione Italiasicura a Palazzo Chigi, poi Autorità del bacino del Tevere, è esperto di rischio idrogeologico.
D’Angelis come è possibile che ogni volta che piove un po’ di più siamo tutti molto preoccupati e andiamo in emergenza?
"È possibile perché il regime delle precipitazioni ormai può assumere, come abbiamo visto anche l’altra notte, un carattere “esplosivo” e fa danni. E la frequenza e l’intensità sono spaventose. In Italia, dai 5 eventi meteo estremi ogni 15 anni, con tipologia l’alluvione di Firenze del 1966, registrati fino al Novecento, siamo passati negli ultimi anni a oltre 100 in media all’anno, con un aumento vertiginoso di Stati di emergenza, con morti e danni per circa 4 miliardi di euro all’anno. La piana da Campi a Prato è stata allagata due volte in soli 10 mesi. Serve tanta prevenzione strutturale fatta di opere e interventi, ma anche formazione e manutenzioni costanti".
Lei conosce molto bene il territorio toscano. È fragile la terra, mentre l’acqua tende ad esondare. Una miscela idrogeologica terribile.
"Vero, e circa un terzo dei toscani, un milione di persone, vive in aree a rischio frane o alluvioni. Ma non bisogna mai dimenticare che un tempo la nostra piana era un paleo-lago alimentato dal primo Arno la cui via verso il mare era ostruita dall’enorme Masso della Golfolina, a valle di Firenze che provocava l’effetto diga e che poi fu erosa lasciando defluire il fiume verso il mare. Leonardo scrisse guardando la piana: “Dove oggi volano gli uccelli a torme, solean discorrere i pesci a grandi squadre”. Viviamo su terreni alluvionali, e oggi sull’intero territorio regionale scorrono 49 fiumi e ben 642 torrenti e corsi minori per un totale di 60.000 km di vie d’acqua. È la nostra ricchezza ma sono anche rischi".
L’alluvione in Toscana centrale del novembre scorso secondo lei ci ha insegnato qualcosa?
"Deve insegnarci che al cambiamento climatico si risponde con il cambiamento urbano. Che dobbiamo riuscire a smaltire anche le piogge “esplosive”, e non basta più la sola rete fognaria costruita e tarata per altre epoche storiche. In Toscana è lunga 13.844 km, a Firenze 717 km e a Campi e nelle altre città nella piana intorno ai 150 km, ed è ben gestita. L’urgenza deve spingere la Toscana ad aprire il nuovo capitolo dell’adattamento all’emergenza climatica nelle aree urbane. Può essere la prima regione italiana a dotare le città di nuovi Piani Regolatori delle Acque da affiancare ai Prg comunali. Conosciamo ormai le aree più esposte ma servono nuove soluzioni con tecniche da città-spugna: piccoli bacini idrici di laminazione periferici, serbatoi interrati di stoccaggio di acqua piovana, sistemi di canali, tetti e pareti verdi, pavimentazioni porose che aumentano l’assorbimento e altro".
In questi mesi sono stati svolti lavori di somma urgenza dopo l’alluvione del novembre 2023. Non sono sicuramente sufficienti per far star tranquille imprese e famiglie però...
"È evidente che bisogna accelerare sulle opere di difesa e sui risarcimenti. Nessuno deve essere abbandonato, ma bisogna anche capire che serve qualche dolorosa delocalizzazione di costruzioni a rischio che hanno cancellato e intombato o deviato corsi d’acqua. E che vanno accelerate al massimo le difese strutturali per la Toscana centrale, concludendo le opere del nostro Mose che sono le casse di espansione lungo l’Arno a monte di Firenze, lavorando con i tempi dell’emergenza".
Organizzazione e coordinamento. La Regione coordina, i Consorzi di bonifica fanno i lavori, poi lo Stato sovrintende con l’Autorità di bacino. È un sistema efficace?
"Sì, se guardo alle altre regioni, il nostro è un sistema che funziona ed ha grandi professionalità dal Lamma all’Autorità di bacino e ai Consorzi di bonifica che devono diventare sempre più presidio organizzato e specializzato nella riduzione del rischio idrogeologico e nella gestione de reticolo minore di torrenti e rii. La Toscana è l’unica regione italiana che garantisce un gettito finanziario annuo per le manutenzioni, ma si può e si deve migliorare".