
Un porcellino d'India
Prato, 11 luglio 2017 - Una storia maturata all’interno di un condominio, dove, probabilmente, a farla da padrone sono stati gli screzi tra vicini di casa. Una storia che si trascina dal 2012 e che ora ha portato a processo una quarantenne, originaria dell’est Europa, ma residente a Prato da anni dove lavora regolarmente (è separata e ha due figli piccoli), con l’accusa di «uccisione di animale». L’animale in questione è un porcellino d’India – detto anche «cavia domestica» – che la donna aveva in casa da circa tre anni. E’ quando il porcellino muore che cominciano i guai per la quarantenne che non avrebbe mai creduto di ritrovarsi di fronte a un giudice per doversi difendere dall’«infamante» accusa di aver maltrattato fino a causarne la morte del porcellino che aveva accudito per oltre tre anni.
Tutto comincia quando la vicina di casa della donna chiede l’intervento della polizia municipale perché vede il porcellino d’India morto nella sua gabbia. La donna e la vicina hanno una corte in comune nella quale era stata posizionata la gabbia del topo. La municipale interviene e raccoglie la denuncia della vicina che racconta i presunti maltrattamenti che sarebbero stati inflitti all’animale, compreso quello di averlo lasciato al sole chiuso in gabbia tanto da causarne la morte. La municipale esegue tutte le indagini del caso. Vengono sentiti i testimoni – altri vicini –, vengono fatte le fotografie nella casa, viene sentita anche la stazione meteorologica di Sesto fiorentino su quali erano state le condizioni meteo di quei giorni e vengono fatte ricerche sulle condizioni di vita di un porcellino d’India, quanto vive e come deve essere curato. Indagini a tutto tondo, insomma. Alla fine viene informata la procura che apre un fascicolo.
La signora corre ai ripari e porta la «salma» dell’animale dal veterinario. Si informa anche se è possibile fare l’autopsia, ma il costo è troppo elevato e rinuncia. Si fa fare il certificato di morte e lo smaltisce regolarmente all’ex Asm. Ma non basta. La donna, incredula, si ritrova con una citazione diretta a processo. La procura chiede che venga fatta un’emissione di decreto penale di condanna che, però, viene rigettata dal gip, Angela Fantechi. Anzi, il gip va oltre e riqualifica il reato da maltrattamento di animali, a uccisione, reato ben più grave e la donna si ritrova a processo di fronte al giudice Franco Borselli. Un incubo per l’imputata, difesa dagli avvocati Elena Augustin e Diletta Nerini, che adesso dovrà dimostrare di non aver mai maltrattato quell’animale cercando di smontare il nesso di causalità tra la morte del topolino e l’esposizione al sole.
L’accusa ha indicato ben sei testimoni, mentre la difesa ha chiamato un consulente tecnico, il veterinario che accertò la morte dell’animale. «Solitamente i porcellini d’India vivono quattro anni – ha detto l’avvocato Nerini – e questo ne aveva tre e mezzo. Quando la cliente si è presentata da noi pensava fosse uno scherzo». Il processo è stato rinviato all’anno prossimo.