Prato, 28 gennaio 2021 - «Buongiorno, è il dipartimento di prevenzione dell’Asl". La telefonata viene improvvisamente interrotta e alle chiamate successive il cellulare squilla a vuoto. Oppure: "Buonasera, è il dipartimento di prevenzione dell’Asl, lei è il signor Hu?". Risposta: "Non sono io". La linea cade ancora. Sono alcune delle telefonate concluse in un nulla di fatto che i tecnici del dipartimento di prevenzione hanno effettutato lunedì a cittadini cinesi risultati positivi al tampone effettutato in un laboratorio privato della città.
Un numero alto, ben 25 orientali che hanno contratto il virus i cui casi sono riferiti a test fatti nel fine settimana e resi noti martedì dal bollettino della Regione. L’alto numero dei cinesi contagiati è balzato subito agli occhi degli operatori incaricati di fare i tracciamenti. Già, il tracciamento: più facile a dirsi che a farsi. Infatti quando i tecnici si sono messi alla ricerca dei cinesi per capire quali contatti avessero avuto e risalire a una potenziale catena di quarantene, le difficoltà sono state non indifferenti. "Sono 10 su 26 i cinesi positivi con cui non siamo riusciti a metterci in contatto", spiega il direttore del dipartimento di prevenzione, Renzo Berti. "
D’altronde non è la prima volta che accade". Secondo quanto spiegato da Berti, i cinesi irrintracciabili hanno eseguito il tampone in un laboratorio privato fornendo però dati falsi, una falsa tessera sanitaria e generalità non corrispondenti alla realtà in modo da non essere più trovati. Positivi ma spariti nel nulla, senza che le autorità sanitarie sappiano chi sono. "Queste dieci persone hanno presentato dati non corretti – aggiunge Berti – e in alcuni casi non hanno fornito neppure un numero di telefono. Per recuperare materialmente gli esiti dei test mandano altre persone. Risalire all’identità personale è impossbile. Purtroppo incontriamo sempre queste difficoltà, anche quando riusciamo a rintracciarli: c’è chi non parla italiano e ha bisogno dell’interprete, chi fa finta di non capire e attacca".
Il problema, secondo Berti, sta nell’accettazione che viene fatta dai laboratori di analisi privati che non accertano l’identità del paziente. Essendo laboratorio convenzionato, però, è obbligato a passare i risultati dei tamponi ad Asl e Regione, a volte di persone fantasma. "La verifica sull’identità personale non è a fini di polizia – spiega Berti – L’accetazione deve essere corredata da tutti i dati fondamentali perché c’è un aspetto sanitario dietro, sennò è come cercare un ago in un pagliaio. Non voglio andare a caccia del colpevole, ma se io faccio un’analisi a chi non so chi è o dove sta, i riflessi di questo comportamento ricadono sulla salute collettiva. Sono attività private che avranno le loro regole ma questo è un buco che crea una falla nel sistema". Infine Berti lancia un appello ai cinesi: "A noi non interessa se queste persone sono irregolari, devono avere fiducia". Laura Natoli