Prato, 21 ottobre 2024 – Sergio Turini, ex tenente colonnello dei carabinieri, è tornato finalmente libero, dopo cinque mesi di arresti, di cui 25 giorni passati in carcere. Il carabiniere è stato arrestato lo scorso 30 maggio con l’accusa di corruzione per aver, secondo l’ipotesi accusatoria, fatto e ricevuto favori a imprenditori, sia italiani che cinesi. Insieme a lui sono finiti nei guai, l’imprenditore Riccardo Matteini Bresci, e l’investigatore privato di Torino Roberto Moretti. Bresci e Moretti sono tornati liberi una decina di giorni fa quando la Dda di Firenze, che ha seguito le indagini, ha chiesto il processo per tutti con rito immediato.
Turini, difeso dall’avvocato Giovanni Renna, ha chiesto il patteggiamento, avendo anche la posizione più complicata: oltre che di corruzione doveva rispondere di tentata concussione, atti contrari al dovere di ufficio, accesso alla banca dati delle forze dell’ordine e peculato per l’uso della macchina di servizio.
Il patteggiamento proposto consiste in 1500 ore di servizi di pubblica utilità e la restituzione del prezzo del reato di poco superiore ai cinquemila euro (pari a una quota del viaggio del figlio a New York pagato da Matteini e il contro valore di due bottiglie di «Masseto»). I pm titolari delle indagini hanno già dato parere positivo. «E’ stata una esperienza dolorosa – ha detto Turini – La richiesta di patteggiamento è stata una decisione consapevole, perché mi è stato spiegato cosa significa seguire le vie ordinarie. Rimane, una incommensurabile tristezza». Turini nel frattempo è andato in pensione. «Dopo 37 anni a servizio dell’Arma dei Carabinieri, questa è stata l’esperienza più inaspettata e dolorosa della mia vita – scrive –. Inaspettata, perché immaginavo il carcere come un’entità lontanissima da me, destinata a tutti coloro che si fossero resi responsabili di gravi fatti “di criminalità organizzata” o “di sangue”, o “di violenza domestica”, fatti, con cui, purtroppo, mi sono confrontato quotidianamente durante il mio impegno nell’Arma. Dolorosa, perché mi ha privato della libertà, anche di fare quelle cose più scontate e modeste, che, poi, finiscono per mancarti, irrimediabilmente, come quella di conversare con tuo figlio. Per l’umanità e il sostegno, non smetterò mai di ringraziare la polizia penitenziaria».